Cristo è la porta! Omelia per l’apertura della «Porta della Misericordia», 13 dicembre 2015

14-12-2015
1. Questa sera abbiamo compiuto un gesto comune: abbiamo attraversato una porta. Quante volte ci accade di farlo? Ogni giorno usciamo dalla porta di casa e vi rientriamo; così dalla porta del nostro posto di lavoro: un negozio, una fabbrica, un ufficio, un magazzino … Attraversare una porta è uno dei nostri gesti più abituali. Questa sera, però, lo abbiamo fatto diversamente; non perché si è trattato di una porta della Cattedrale, ma perché lo abbiamo fatto con un’intenzione e un’attenzione speciali. Vi ci siamo preparati, siamo arrivati qui insieme, in pellegrinaggio dalle nostre Catacombe. Siamo venuti qui proprio per attraversare questa porta! Perché? A ben vedere, anche al di là delle nostre abitudini una porta è sempre un simbolo. Una porta sbarrata è un rifiuto, una porta aperta è accoglienza, una porta sbattuta è un’offesa che lascia il segno; una porta delicatamente aperta per non svegliare chi dorme, magari da un padre che rientra tardi dal lavoro, o tenuta socchiusa da una mamma per ascoltare il respiro del figlioletto ammalato sono segni d’amore. Se ci pensiamo, una porta è sempre qualcosa di più di quel che vediamo. È sempre simbolo: di presenza o di assenza, di un invito o di un respingimento. Perfino in informatica, una «porta», o anche più solennemente un «portale» ti apre a universi inesplorati e a relazioni nuove, ma può anche precipitarti in pozzi oscuri e in rapporti perversi.
2. Questa sera noi abbiamo attraversato una porta chiamata della Misericordia. Ci siamo mossi negli spazi religiosi, dove la «porta» è sempre un appello ad andare oltre: superare i confini del visibile, lasciare il traffico alle spalle e immergersi nel silenzio. Abbiamo camminato sin qui guidati dalla parola di Gesù che dice: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato» (Gv 10,9). È lui che ci conduce alla vita. Iniziando questo «Anno Santo», la «porta» stessa ci parla e dice: «Passate attraverso di me, perché io sono la porta della vita: Voglio perdonarvi, entrate» (Per me venite quoniam sum ianua vitae. Volo parcere, venite: iscrizione al priorato cluniacense di St.-Marcel-lès-Sauzet). La porta è aperta perché entriamo nel perdono. Trentasette anni fa, da un papa ancora giovane e vigoroso che brandiva la croce come un vessillo ci sentimmo dire: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo». Era Giovanni Paolo II, il 22 ottobre 1978. Fu un grido di grande effetto, che ebbe un’eco durevole. Noi oggi, invece, ci sentiamo tanto deboli e le nostre braccia, le nostre mani sono come incapaci di spingere e aprire porte; siamo turbati dalle grida di morte e frastornati dai rumori di guerra che giungono da fronti diversi; siamo messi sotto torchio da interne ed esterne afflizioni. Perciò ci volgiamo a Gesù e gli domandiamo con fiducia: «O Tu, che hai detto Io sono la porta, ti preghiamo: apriti a noi!» (per temetipsum te obsecro, aperi nobis temetipsum: Guglielmo di St.-Thierry, Orationes Meditativae VI: PL 180,223). Cristo si apre a noi. È il Giubileo della Misericordia.

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