È bello, Signore, stare con te! Omelia nell’ordinazione presbiterale del Diacono Marco Cimini. Basilica Cattedrale di Albano 19 novembre 2016 – Solennità di N.S.G.C. Re dell’Universo

19-11-2016
È bello, Signore, stare con te!
 

1. Collocata al vertice dell’anno liturgico, la solennità di Cristo Re ci ricorda che tutte le cose sono riconciliate con Dio non solo «per mezzo di lui», ma pure «in vista di lui» (Col 1, 20). Il Signore Gesù non è soltanto il mediatore, ma anche il fine e la ragione dell’opera della salvezza. I giorni e le azioni dell’anno liturgico hanno senso e valore solo se inseriti in tale dinamismo. È quanto col brano della II lettura c’insegna san Paolo, che prosegue: Dio ha riconciliato l’uomo col sangue della Croce di Cristo. Perciò, in qualsiasi giorno noi celebriamo la Divina Liturgia, sia Natale o Pasqua, noi onoriamo sempre e veneriamo la Croce di Cristo. È «il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova», come ha scritto Francesco nella Bolla Misericordiae Vultus. In quel giudizio della Croce a tutti è concessa la misericordia come grazia (cf. n. 21).
Questo annuncio confortante e rassicurante lo riceviamo pure dal racconto evangelico: un testo splendido nella sua semplicità e commovente al tempo stesso. Mentre, dunque, Francesco conclude per tutta la Chiesa il Giubileo Straordinario della Misericordia, riflettiamoci anche noi. Isacco di Ninive, un monaco del VII secolo, così predica: «Per Dio un peccato non vale quanto un peccatore. Ovunque si trovi anche solo il nome della conversione e anche se fosse solo un fatto esteriore, Dio si piega per versarvi gioiosamente il perdono. Egli è il Signore misericordioso! Chi ne può dubitare? Anche il fare memoria del ladrone che era alla destra di Gesù sia un’occasione di benedizione, poiché egli fa parte di quelli che gratuitamente ricevettero misericordia.
Meditiamo allora sul dialogo tra Gesù e il Buon Ladrone. Un testo di commento molto bello ci giunge da san Romano detto il Melode, un teologo del V secolo che ha trasformato la teologia in poesia. In un inno sull’adorazione della Croce, egli immagina un dialogo tra Gesù e il buon ladrone, che ormai perdonato e giunto nel Paradiso ora piange sulla sorte di Adamo, che invece ne era stato scacciato ed ha la strada del ritorno sbarrata dai cherubini. Gesù allora dice al ladrone: «Adesso prendi la mia croce sulle spalle e va’ all’Eden in fretta […]. Presentati ai cherubini portando il decreto scritto sulla mia croce: riconosceranno il segno della vita e metteranno nelle tue mani il potere di aprire e fare entrare i miei amici nel Paradiso. Udite queste parole il ladrone si caricò sulle spalle, come aveva detto il Misericordioso, il segno della grazia e camminando benediceva il dono della grazia e cantava senza tregua un canto nuovo».

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