Edificare comunità corresponsabili

Relazione al convegno ecclesiale della diocesi di Castellaneta
15-10-2018

Il verbo «edificare» – scelto per il titolo del mio intervento – fa riferimento al mondo architettonico ed ha una indubbia pertinenza con la Chiesa, la cui intima natura, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, «ci si fa conoscere attraverso immagini varie» (Lumen gentium n. 6). Ora, non sono davvero poche le ricorrenze bibliche dove la Chiesa è descritta come un edificio! In rapporto a questa immagine, diversamente dal restaurare, ripristinare, riparare ecc., il verbo «edificare» ha come proprio significato quello di dare avvio, inizio ad una nuova costruzione. Penso, allora, che nel trattare il tema assegnatomi non si debba da parte questo significato di «cominciamento».
Cosa, allora, s’intende, quando usiamo questo verbo, riguardo alle nostre comunità? Forse consolidare delle scelte, dei comportamenti e degli stili di vita? Oppure fare un’opera di restauro, di lifting che eventualmente, ripulisce, riporta alla luce, riprende elementi trascurati, o messi in ombra, ma non cambia nulla? O, anche, s’intende fare un’opera di riforma? A questo punto, però, rischiamo d’entrare in una serie di numerose domande, alle quali non c’è di sicuro il tempo per dare risposte. Riforma, però, è una parola adatta, che merita attenzione. Rimanendo nel linguaggio architettonico, riguardo agli edifici diciamo che possono essere ristrutturati. Il verbo ristrutturare in questo caso significa strutturare su nuove basi e in forme diverse un edificio: così inteso si avvicina a un senso per noi accettabile di «riforma» perché esprime il senso della continuità e, al tempo stesso, quello della risposta a esigenze e domande nuove.