Eletti per servire

Omelia nella IV Domenica di Avvento - Cattedrale di Lecce
20-12-2020
  1. Questa celebrazione mi commuove vivamente: per il luogo dove si svolge, ossia la chiesa madre della Chiesa particolare di Lecce, dove sono divenuto presbitero e sono stato ordinato vescovo; per la presenza di tutti voi, tra i quali rivedo volti cari ed amici. Il saluto liturgico della pace è pure il mio personale saluto. Lo rivolgo anzitutto all’arcivescovo Michele Seccia che, con l’intuito della fraternità, ha voluto quest’assemblea liturgica; lo ringrazio anche per le benevole, iniziali parole di saluto e per l’amicizia con cui ha reso partecipe l’intera Diocesi di quanto mi è accaduto in questi due mesi. Saluto di cuore i fratelli arcivescovi e vescovi concelebranti: di ciascuno conservo un ricordo, che alimenta l’antica amicizia. Se mi ci soffermassi, non terminerei questa omelia.

Permettete, tuttavia, che un riferimento speciale lo faccia per gli arcivescovi D. Negro e D. Caliandro, cui ripeto le parole che Gregorio di Nazianzo scrisse riguardo a Basilio: «compagni, commensali, fratelli. Aspiravamo a un medesimo bene e coltivavamo ogni giorno più fervidamente e intimamente il nostro comune ideale» (Disc. 43, 19; PG 36, 520). La presenza, poi, di S. Em. il Card. Salvatore De Giorgi mi conforta grandemente. Quando il 10 ottobre 1998 iniziai il ministero episcopale nella Chiesa di Oria, lei, Eminenza, che già ne era stato saggio pastore, mi promise: «la nostra fraternità sacramentale troverà nella preghiera quotidiana il momento più espressivo dell’amicizia». In tutti questi anni è stato così per lei e anche per me. Il saluto si estende ai sacerdoti. Per segnalarvi, carissimi, la mia affezione, vi confido che, per i riti del Concistoro, ho scelto di portare come croce pettorale quella d’oro donatami dal clero di Lecce per l’ordinazione episcopale. È divenuta una stauroteca ed anche ora l’indosso.