Non io, ma Cristo. Omelia nell’ordinazione diaconale di Alessandro Cardinale, Marco Cimini e Emiliano Ferri – 14 dicembre 2014

14-12-2014
Un tema dominante nella Liturgia della terza domenica di Avvento è la gioia. Per questo è detta anche Domenica Gaudete. Ciò che motiva un tale sentimento dell’animo è l’arrivo del Signore: «Rallegratevi sempre nel Signore: Egli è vicino»(cfr Fil 4,4.5). Il profeta Isaia ha chiamato anno di grazia questo farsi vicino di Dio.
Il Dio-vicino si prende cura, guarisce. Non, però, dal di fuori, ma dallinterno, come per un organismo vivo, che guarisce solo da dentro. Questa operazione rassomiglia, come abbiamo ascoltato, a terra che produce la vegetazione e a giardino che fa germogliare i semi.
Il Padre ha seminato nel nostro cuore lo Spirito del suo Figlio, che ci muta interiormente: Il Dio che ci ha creato, non è straniero al nostro intimo più intimo; ha, invece, la chiave della nostra più nascosta profondità.
Ed è questa opera di guarigione, di misericordia e di perdono che ci dona la gioia. È una pace che, come dice l’Apostolo, investe «spirito, anima e corpo», ossia tutto il nostro essere; nella dimensione più esteriore e poi fino a quella più intima, cioè in quella segreta nostra profondità – la coscienza - dove si apre verso Dio la porta attraverso cui Egli può entrare come nella sua dimora.
Cosa avviene, però, quando Dio si avvicina ad un uomo? O, anche, quando l’uomo s’incontra con Dio? Accade che avverte la propria distanza da Lui e diventa cosciente della propria piccolezza e la propria indegnità. Accadde così per Mosé davanti al roveto ardente. Anche la Vergine Maria, professò la sua umiltà: «ha guardato l’umiltà della sua serva», dice nel suo Magnificat.
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