Non per condannare: Cristo e la Chiesa. Omelia nel pellegrinaggio giubilare del Vicariato di Ariccia – 14 settembre 2016

14-09-2016
Non per condannare: Cristo e la Chiesa
Omelia nel pellegrinaggio giubilare del Vicariato di Ariccia

 
1. «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». È la parola di conforto che oggi, celebrando la festa della santa Croce, abbiamo ascoltato e non c’è «vangelo» più bello di questo. L’annuncio nuovo, bello e confortante; l’annuncio che ci apre il cuore e dischiude al nostro sguardo orizzonti di salvezza è questo: ha mandato il suo Figlio non per condannarci, ma per salvarci! Ripetiamo, allora, l’antica invocazione che ritma la pia pratica della Via Crucis: «Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo; perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo»
Adoriamo la Croce sentendo più viva in noi «la gioia di essere salvati» (Colletta martedì IV sett. di Pasqua). Siamone certi: anche Gesù è contento di averci donato la salvezza mentre ci «consegnava» la sua vita. Egli è ancora più contento quando vede che questa Vita noi l’accogliamo pentiti e fiduciosi nel suo perdono. «C’è più gioia in cielo…», leggiamo nel vangelo di Luca, che prosegue con la parabola del figliol prodigo (cf. Lc 15, 7. 10).
È la stessa semplice, ma grande intuizione di fra’ Vincenzo da Bassiano, l’umile frate che ha scolpito il Crocifisso di Nemi, che avete scelto come guida per il vostro pellegrinaggio giubilare e portato qui nella nostra Cattedrale. La vostra scelta di portare questa cara Immagine nelle vostre Comunità e ora, da voi tutti insieme, nella nostra Cattedrale – dove rimarrà per alcuni giorni – mi commuove. Ve ne sono riconoscente e nel salutarvi tutti, insieme con i vostri Sindaci e Autorità comunali, vi dico il mio grazie.
Guardiamo, allora, questo volto di Gesù, che la tradizione vuole misteriosamente scolpita da mani angeliche. Mentre lo rimiriamo ci pare che, pur nello spasimo della morte, Egli ci sorrida. Sorride, sì, perché morendo ci ha ridato vita: «C’è più gioia in cielo…».
 
2. Alla rassicurazione evangelica fa eco il beato Paolo VI che, giunto pellegrino a Nemi il 10 settembre 1969, disse: «Egli ha profuso i tesori della sua misericordia facendosi vittima per noi. Ed ecco, allora, che tutta la nostra coscienza si deve muovere per sentire l’intera responsabilità verso Dio, la gravità delle nostre azioni, il senso stesso della nostra vita, la linea del nostro destino che, sotto i raggi della Croce, si illumina di speranza, di gioia». «C’è più gioia in cielo…»!
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