Ogni povero è un altare

Omelia nella Messa nella Cena del Signore 2020
09-04-2020
  1. «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso»: l’abbiamo ascoltato da san Paolo e noi, questa sera, c’inseriamo in questa catena di trasmissione: riceviamo e celebriamo … ma quest’anno lo facciamo in forma inconsueta. In questa stagione così dolorosa noi sacerdoti sembriamo fisicamente appartati, ma non siamo soli. Non lo siamo anzitutto perché nessun cristiano è mai solo per davvero.

Nella Chiesa non ci tengono uniti una «tessera d’iscrizione», o un vincolo di simpatia, ma lo Spirito Santo del quale il nostro corpo è tempio (cf. 1Cor 6,19). La Chiesa è proprio questo: il mistero dell’unico e medesimo Spirito in Cristo e in noi, cristiani. Quest’unità nessuna distanza può annullarla. Se la stessa Eucaristia – di cui in questo giorno ricordiamo l’istituzione – ci unisce in un solo corpo è perché ad «incorporarci» è il medesimo Spirito che rende il pane e il vino corpo e sangue di Cristo. La Chiesa c’è solo dove c’è lo Spirito (cf. Ireneo di Lione, Adversus haereses, III, 24,1: PG 7, 966).

Potremmo, allora, assistere a mille Messe, ma se lo Spirito non dimora in noi, allora siamo nella Chiesa soltanto col corpo, ma non col cuore (cf. Lumen gentium n. 14); basta, invece, una sola comunione spirituale – come ci ricorda anche il Papa – perché Gesù ci dica: tu ed io siamo una sola cosa. Queste parole le disse prima di avviarsi al giardino degli ulivi!