Omelia nella Festa della Presentazione del Signore, XVI Giornata Mondiale della Vita Consacrata, 2 febbraio 2012

02-02-2012

1. Celebriamo sotto lo sguardo della Santa Madre di Dio, raccolti in questo santuario di Santa Maria di Galloro, caro non solo alla Città di Ariccia ma all'intero nostro territorio dei Castelli, la festa della Presentazione del Signore e pure, in questa ricorrenza, la XVI Giornata mondiale della vita consacrata.

Tradizionalmente, la liturgia della Parola propone come prima Lettura un testo del profeta Malachia. Lo abbiamo appena ascoltato. Si tratta di una denuncia forte del rilassamento del fervore religioso, che rende necessario l'arrivo di un messaggero perché sia preparata la via del Signore. La sua, sarà un'opera di purificazione, che il profeta la descrive con immagini incandescenti: il fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai (3,2). Per compiere quest'opera di purificazione l'inviato di Dio entrerà nel tempio del Signore sicché i primi a essere, per così dire, «decontaminati», saranno i Leviti, cioè la classe sacerdotale: «Siederà per fondere e purificare l'argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia». La scelta di questo brano profetico ci apre alla comprensione dell'opera di Gesù: l'espiazione dei peccati del popolo, come ha ricordato la Lettera agli Ebrei, «la caduta e la risurrezione di molti in Israele» secondo le parole dette da Simeone a Maria.

L'origine di questa festa è spiegata anche nel Messale. Prima in Oriente e poi, in un primo tempo, anche in Occidente, la festività è stata chiamata Ypapanté (= Incontro). Il Prefazio riprende questa tradizione quando, tra l'altro, afferma: «E noi esultanti andiamo incontro al Salvatore'». In epoca tardiva in Occidente il titolo di questa festa passò a richiamare la «Purificazione della beata vergine Maria». Così rimase nel Messale Romano sino alla riforma voluta dal Concilio. Non mancava, però, l'avvertenza chela si doveva, in ogni caso, considerare tamquam festum Domini, come una festa del Signore. Nell'esortazione apostolica Marialis Cultus, poi, Paolo VI spiegherà che «la festa del 2 febbraio' deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l'ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale Madre del Servo sofferente di Iahvè, quale esecutrice di una missione spettante all'antico Israele e quale modello del nuovo Popolo di Dio, costantemente provato nella fede e nella speranza da sofferenze e persecuzioni (cfr Lc 2,21-35)» (n. 7).

 

2. Se negli anni passati mi sono soffermato su alcuni aspetti di questa festa e sulle figure che popolano la scena evangelica, quest'anno desidero soffermarvi con voi sui temi della «purificazione», suggeriti dalla lettura del capitolo terzo di Malachia. Il Signore viene incontro a noi per purificarci! Nella preghiera Colletta, abbiamo domandato di poter essere tutti presentati a Dio purificatis mentibus, «pienamente rinnovati nello spirito».

Un autore ignoto del Medio Evo, probabilmente della scuola monastica dei «vittorini», dava ad una sua Omelia per questa festa il seguente titolo: la purificazione della Chiesa! Dava, perciò, un'interpretazione ecclesiologica delle ammonizioni del profeta. Diceva, infatti: «Il nostro Salvatore, miei carissimi, viene oggi per visitare la sua Chiesa perché le si mostri davanti senza la macchia della lussuria e le rughe della malizia: per questo, mediante la grazia della redenzione e il dono della giustificazione, l'ha purificata da ogni contaminazione del corpo e dello spirito» (PL 117, 1009).

...

“”