Omelia nella Messa Crismale, 21 aprile 2011

21-04-2011

1. Il racconto evangelico appena proclamato, prosegue dicendo che tutti, nella sinagoga di Nazaret, «davano testimonianza» a Gesù ed erano «meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4, 22). L'atteggiamento dei presenti era, dunque, all'inizio davvero positivo e molto favorevole a Lui. Possiamo cogliervi attenzione, apprezzamento, sorpresa, stupore, disponibilità... Di più. Mentre ascoltavano Gesù, i nazaretani percepivano le sue come parole di grazia.

Molto presto, però, tutto cambiò. Si lasciarono, infatti, irretire dalle insinuazioni, dal dubbio, forse anche dalla gelosia che li riportavano nell'ovvio e nello scontato. Si domandavano l'un l'altro: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22). E così non riuscivano a cogliere la «novità», che era in Gesù; che era Gesù! La scena, allora, si volgerà in peggio e l'iniziale, meravigliata accoglienza si capovolgerà trasformata in un netto rifiuto al punto da volere uccidere quel loro provocatorio concittadino.

Tutto questo, sorelle e fratelli carissimi, è oggi di ammonimento per noi. Sentirsi il cuore commosso dall'ascolto di Gesù, non è sufficiente. Occorre, al contrario, che la sua parola sia accolta con la disponibilità di chi vuole farvi aderire tutta la propria vita. L'ascolto della Parola del Signore, infatti, benché attuato «con cuore integro e buono» (Lc 8,15), è solo l'inizio della fede, ma non ancora la sua perfezione. Occorre, infatti,  non solo ascoltare, ma pure custodire la Parola ricevuta e produrre frutto con perseveranza (cf Ibid.). «Anche se abbiamo acquistato il principio di tutte le virtù - ci ammaestra san Bonaventura ' nessuna di esse merita gloria dinnanzi a Dio se manca la perseveranza consumatrice delle virtù: tutte corrono, ma solo la perseveranza vince il premio» (De perfectione vitae VIII, 1). E la perseveranza è un dono che si ottiene da Dio solo con la preghiera quotidiana.

2. Torniamo, però, a considerare come gli ascoltatori di Nazaret percepirono le parole di Gesù. L'ho già ricordato: come parole di grazia! Per meglio comprendere quest'espressione ho ripreso il mio vecchio «Merk», ossia l'edizione greca e latina del Nuovo Testamento su cui ho studiato fin da quand'ero seminarista, e vi ho trovato questo appunto fatto a matita: id est verba iucunda. È proprio così: le parole di Gesù ci aprono alla gioia. È proprio Lui a rassicurarci: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). A Nazaret, Gesù annuncia che i poveri sono ricolmati di beni, le catene cadono dalle braccia dei prigionieri, la luce riempie gli occhi dei ciechi... Parole di sogno, per cuori afflitti e per animi amareggiati!

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