Omelia nella messa della notte di Natale, 25 dicembre 2006

25-12-2006

1. Contempliamo in questa notte il mistero del Natale e cerchiamo di entrarvi a partire da alcune parole, che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo proclamato dal nostro giovane Diaconio: 'Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo' (Lc 2, 7). Cosa è questo se non il mistero della povertà? La povertà di Dio. Da ricco che era, scrive l'Apostolo, egli si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cf. 2Cor 8, 9).

 

Lo avvolse in fasce. È un gesto antico, questo. Oggi non s'usa più, ma per tanti di noi è stato ancora impiegato. Quando eravamo da poco nati, siamo stati anche noi lavati, profumati e avvolti in fasce. Umanamente questa l'espressione più antica delle sollecitudini di una madre e delle affezioni di un padre verso un neonato. Nella cultura dell'antica Roma, quando nasceva un bambino il pater familias doveva prenderlo tra le mani e innalzarlo verso il cielo e così lo riconosceva come suo figlio. Anche nei racconti dell'Antico Testamento il gesto di avvolgere in fasce indica che quel bimbo non è un trovatello e un abbandonato, ma una creatura custodita con affetto da persone che le vogliono bene. 'Anch'io appena nato' fui allevato in fasce e circondato di cure', esclama lo pseudo-Salomone nel Libro della Sapienza (7, 4). In ogni caso ai pastori è dato proprio questo segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. Se è così, dev'essere stato di sicuro qualcosa di più, che un consueto gesto materno.

 

2. Troverete un bambino. Questa è la prima parte del segno che questa sera è dato non soltanto ai pastori, ma anche a noi. Si tratta di un bambino: è figlio di Maria, la sposa di Giuseppe; è il Figlio dell'Altissimo 'nato da donna' (Gal 4, 4). Vuol dire che Dio ha bisogno delle cure di una mamma e di un papà per crescere, per stare bene, per essere contento. Colui che è ammantato di maestà e cinto di potenza (cf. Sl 93, 1) è avvolto in povere fasce. Chi, rivestito di splendore e avvolto di luce, si prende cura di tutto il creato (cf. Sl 104) ha bisogno di essere curato.

 

Troverete un bambino. Dio si è fatto piccolo. Egli non è lontano, ma è alla portata della mia mano, di ogni mia possibilità, di ogni mia misura. Dio è piccolo e io posso raggiungerlo. D'ora in avanti non mi sarà più possibile pensare che la mia piccolezza e la mia fragilità sono motivo di vergogna, perché in questa mia piccolezza io posso diventare figlio di Dio e nella mia fragilità trovo l'amicizia e la solidarietà di Dio. Perché il Figlio di Dio di è fatto uomo, la Parola eterna si è come accorciata (Verbum abbreviatum) e, anzi, si è fatta silenzio (Verbum infans). Tutto questo perché non dubitassi che Dio è capace di ascoltare i miei silenzi e di intendere le mie mezze parole.

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