Omelia nella Solennità di San Pancrazio, martire 12 maggio 2005

12-05-2005

Eccellenza Reverendissima Mons. Paolo Gillet

Carissimi fratelli sacerdoti e diaconi

Onorevoli Autorità civili e militari

Egregio Signor Direttore delle Ville Pontificie, Dr. Saverio Petrillo

Fratelli e sorelle amati nel nostro Signore!

 

1- Celebro per la prima volta insieme con voi la solennità del nostro santo patrono, il martire San Pancrazio. Il Martirologio Romano lo ricorda come un adulescens ' la tradizione agiografica lo dice quattordicenne - messo a morte pro Christi fide. L'adolescenza è quell'età della vita che col poeta potremmo descrivere 'come un giorno d'allegrezza pieno', una 'stagion lieta' (G. LEOPARDI, Il sabato del villaggio). Essa è, tuttavia, un'età sempre delicatissima, giacché l'involucro protettivo in cui ' almeno idealmente ' dovrebbe essersi svolta la sua crescita sino a quel momento, quasi d'improvviso appare all'adolescente insopportabilmente stretto sì da fare nascere nel suo animo spinte e desideri contrastanti, che ogni genitore e ogni educatore devono ben riconoscere per sostenere il suo cammino verso la realizzazione nella vita. Oggi, poi, la condizione adolescenziale è ancora di più contrassegnata da insicurezze interiori. Per la massima parte dei nostri ragazzi il trascorrere degli anni non è più il percorso verso una maturità e una serenità di fondo; in molte occasioni, anzi, la loro inquietudine si accentua e accresce le spinte alla frammentazione del vissuto. Quanto distante, al contrario, ci appare la condizione del giovine Pancrazio che messo di fronte al dilemma di avere salva la vita o di subire la morte sceglie con coraggio di rimanere fedele al Signore e affronta con animo forte la pena capitale.

 

La pagina del Vangelo che questa sera noi abbiamo ascoltato, amici e fratelli carissimi, è la stessa che nella medesima data del 12 maggio tenne a suo tempo, nella basilica romana di San Pancrazio, il papa Gregorio magno. Guardando al nostro Martire e spiegando chi sono gli 'amici' di Dio, li descrisse come coloro che sono intenti a custodire la volontà di Dio; animi forti che amano la patria eterna anche a costo della vita e la conquistano superando i tormenti (cfr. GREGORIO MAGNO, Hom. in Ev. II, XXVII, 4). Questa fortezza d'animo, invece, non pare caratterizzare la nostra 'modernità' su cui aleggia piuttosto, al dire di qualche autorevole sociologo, lo spettro dell'incertezza, una paura nella quale si saldano l'insicurezza lavorativa (la chiamano 'flessibilità', ecc.), l'incertezza esistenziale (ad esempio, l'acuita fragilità dei legami interpersonali) e la vulnerabilità fisica (anzitutto in relazione a episodi di violenza e ad atti criminali).
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