Omelia nella veglia pasquale, 7 aprile 2012

07-04-2012

 

Due gioie conosce la Chiesa durante il suo pellegrinaggio terreno: l'amore nuziale di Cristo, il suo Sposo, e la generazione al Padre celeste di nuovi figli. Ambedue queste mistiche gioie la Chiesa le attinge dal mistero di questa Notte Santa. Due, in particolare, sono i segni liturgici nei quali c'è dato di coglierle. Il primo l'abbiamo già celebrato, all'inizio della Veglia Pasquale, con il canto dell'Annunzio pasquale. Il secondo segno sarà nella celebrazione del Battesimo dei nostri sei Catecumeni.

Durante il canto del Preconio abbiamo ascoltato: «Gioisca la madre Chiesa, splendente della gloria del suo Signore, e tutto questo tempio risuoni per le acclamazioni del popolo in festa». Sono parole che ci collocano in un clima nuziale e riecheggiano un salmo, che è un Cantico dei Cantici in miniatura (G. Ravasi) e canta: «alla tua destra sta la regina' è tutta splendore, tessuto d'oro è il suo vestito» (Sal 44,9.10.14). La rilettura cristiana applica queste espressioni alla Chiesa, pronta per celebrare le nozze con l'agnello e adorna come una sposa per il suo sposo (cfr Ap 19,7; 21,2).

La gioia dell'unione nuziale di Cristo con la Chiesa, la Liturgia la canta fin dal suo principio e non come un qualcosa che dovrà accadere, ma come un evento che già si è compiuto. La Chiesa, infatti, ha già compiuto l'unione matrimoniale con il suo Sposo. Lo dice un'antica Omelia, risalente al II secolo, che si legge nell'Ufficio delle Letture del Sabato santo. Sulle labbra di Gesù, che entra con le armi vittoriose della Croce nel regno dei morti e chiama a risurrezione Adamo, sono poste le seguenti parole: «Io morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco». D'allora in poi tutta la tradizione cristiana dell'Occidente e dell'Oriente ha visto nel segno dell'acqua che, mista a sangue, sgorga dal fianco aperto di Gesù l'atto col quale Cristo si pone davanti, come sposa purificata e lavata nel suo sangue, la Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha riassunto così questa costante tradizione: «La Chiesa, chiamata 'Gerusalemme celeste' e 'madre nostra' (Gal 4,26; cfr Ap 12,17), viene pure descritta come l'immacolata sposa dell'Agnello immacolato (cfr Ap 19,7; 21,2 e 9; 22,17), sposa che Cristo 'ha amato.. e per essa ha dato se stesso, al fine di santificarla' (Ef 5,26), che si è associata con patto indissolubile ed incessantemente 'nutre e cura' (Ef 5,29), che dopo averla purificata, volle a congiunta e soggetta nell'amore e nella fedeltà (cfr Ef 5,24), e che, infine, ha riempito per sempre di grazie celesti, onde potessimo capire la carità di Dio e di Cristo verso di noi, carità che sorpassa ogni conoscenza (cfr Ef 3,19)» (Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 6). Questi sentimenti sponsali debbono tutti animarci in questa Veglia.

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