Omelia per l’apertura dell’Inchiesta diocesana sulla vita, virtù e fama di santità del Servo di Dio Cardinale Ludovico Altieri, vescovo di Albano

22-11-2009

1. 'È necessario che egli regni' (1 Cor 15, 25). Per tutta questa Domenica 'ultima dell'anno liturgico e Domenica di Cristo Re, abbiamo ripetuto tale affermazione, che è pure una lode e un atto di fede nel Signore Crocifisso e Risorto. Anche nella nostra celebrazione vespertina lo abbiamo più volte ripetuto: rex regum, saeculorum princeps, princeps pacifer: re di giustizia e di pace, Re dei re. Tale è Cristo, che 'siede alla destra del Padre e di là verrà nella gloria'.

'È necessario che egli regni'! Ma è una signoria tutta singolare, quella che l'Apostolo ci ha descritto. In uno scenario dalle tinte apocalittiche, Paolo ha disegnato una sorta di esercito, che marcia in battaglia e che progressivamente fa avanzare il suo fronte, acquisendo di volta in volta nuove posizioni e sottomettendo, uno ad uno, tutti i suoi nemici. Uno ad uno spezza gli anelli di una lunga catena di morte e quando ormai ha tutto liberato, cosa fa? Domina? Signoreggia? Nient'affatto! Egli si sottomette al Padre. 'Quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch'egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa' (1 Cor 15, 28). Quale paradossale regalità! Nei regni umani sono i padri che consegnano i regni ai loro figli. Qui, invece, è il Figlio che rimette il suo regno al Padre. Anche da qui comprendiamo che il regno di Gesù non è (come abbiamo ascoltato dalla pagina del Vangelo di questa Domenica) un regno di 'questo mondo' (cf. Gv 18, 36). È, piuttosto, come oggi canta la Chiesa, un 'regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace' (Prefazio). Tutto questo lo è davvero, perché è 'regno di obbedienza'. Gesù è l'Obbediente al Padre. Tutto Egli, durante la sua vita terrena, ha compiuto in questa obbedienza e proprio per questa sua obbedienza ' l'obbedienza di uno solo, come scrive San Paolo ' tutti noi siamo costituiti giusti (cf. Rom 5, 19). È, allora, regno di giustizia. Per questo 'è necessario che egli regni'. Senza il suo regno noi saremmo ancora nel peccato; senza il regno di Cristo noi saremmo ancora nella morte.

Ora, l'affermazione centrale del brano (cf. 1 Cor 15, 25-28) che poco fa abbiamo ascoltato è appunto questa: 'L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte' (1 Cor 15, 26). Ricorrendo all'artificio letterario di una sorta di personificazione della morte, Paolo dice che essa è l'ultimo nemico. Incoraggiato dalla fede nella risurrezione di Cristo, egli se ne prende beffa e deride la morte, considerandola alla luce del Salmo, che dice: 'Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi»' (Sl 110 [109], 1). È il salmo messianico che la Liturgia cristiana riserva per la Domenica e per le Solennità, perché accompagni il cammino pasquale del Popolo di Dio.
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