Stili di generatività ecclesiale

Relazione al Convegno ecclesiale della Diocesi di Cerignola - Ascoli Satriano
25-09-2018

Nelle prime pagine della sua Pastoraltheologie, M. Zuhlener, teologo austriaco che dal 1984 al 2008 ha occupato la cattedra di teologia pastorale dell’Università di Vienna, cita una frase di H. Qualtinger, celebre cabarettista viennese, il quale, ad un giovane pazzo per la sua moto, fa dire in una canzone: «è proprio perché non so dove sto andando, che ci vado così velocemente». Da qui una domanda fondamentale per la pastorale: sa dove andare?
Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium Francesco ci ha lasciato una bella provocazione quando, riguardo alla accidia pastorale, ha scritto che il nostro vero problema

sono le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile. Da qui deriva che i doveri stanchino più di quanto sia ragionevole, e a volte facciamo ammalare. Non si tratta di una fatica serena, ma tesa, pesante, insoddisfatta e, in definitiva, non accettata. Questa accidia pastorale può avere diverse origini. Alcuni vi cadono perché portano avanti progetti irrealizzabili e non vivono volentieri quello che con tranquillità potrebbero fare. Altri, perché non accettano la difficile evoluzione dei processi e vogliono che tutto cada dal cielo. Altri, perché si attaccano ad alcuni progetti o a sogni di successo coltivati dalla loro vanità. Altri, per aver perso il contatto reale con la gente, in una spersonalizzazione della pastorale che porta a prestare maggiore attenzione all’organizzazione che alle persone, così che li entusiasma più la “tabella di marcia” che la marcia stessa. Altri cadono nell’accidia perché non sanno aspettare vogliono dominare il ritmo della vita. L’ansia odierna di arrivare a risultati immediati fa sì che gli operatori pastorali non tollerino facilmente il senso di qualche contraddizione, un apparente fallimento, una critica, una croce» (n. 83).

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