Lettera ai sacerdoti per la quaresima, 18 febbraio 2015

Col rito delle “ceneri” ha inizio la Quaresima, da vivere come tempo di desiderio e di attesa. Raccolgo queste due parole da un’antica preghiera di benedizione sul popolo, assegnata al martedì santo dall’edizione tipica del Messale in lingua latina. Dice: «Concedi, Signore, ai tuoi fedeli di partecipare costantemente ai sacramenti pasquali e di attendere pieni di desiderio (desideranter expectare) i beni futuri, perché perseverando nei misteri della loro rinascita siano incoraggiati a una vita nuova».
Per essere trasformati dai misteri pasquali ci sono richieste perseveranza e costanza, virtù dalle quali, per la liquidità degli stili nel tempo presente, ci siamo forse anche noi disabituati. Sono, però, virtù necessarie perché il desiderio sia autenticato. Se, infatti, non è innestato nella perseveranza, che aiuta a superare la stanchezza che può venire dal persistere in esso, e nella costanza, che aiuta a vincere gli ostacoli che si frappongono dall’esterno, il desiderio non è reale. È solo una voglia. La perseveranza e la costanza, per di più, purificano il desiderio. Nell’attesa, difatti, si è come costretti a chiedersi cosa c’è, davvero, nel proprio cuore. Intanto il desiderio aumenta. Sant’Agostino scrive che Dio facendoci attendere allarga i nostri desideri e facendoci desiderare ingrandisce l’anima: «Dio tiene in serbo ciò che non vuol darti presto, affinché tu impari a desiderare grandemente le cose grandi (magna magne desiderare)» (Discorso 61, 5. 6).
C’è, però, un’altra condizione perché il desiderio permanga ed è la capacità di rinuncia ai beni inferiori. A questo ci aiutano le pratiche quaresimali. Raccolgo un suggerimento di san Benedetto il quale per la Quaresima raccomandava ai monaci di «togliere» qualcosa dall’ordinario: dal cibo, dalla bevanda, dalle cose materiali. Vi riferisco a proposito un aforisma, che dice più o meno così: «Troppa gente spende soldi che non ha guadagnato, per comprare cose di cui non ha bisogno, per fare colpo su gente di cui non gl’importa nulla». San Benedetto parla anche di rinuncia alla loquacità e perfino alla scurrilitas, che consiste nelle banalità, nel prender tutto alla leggera, nel risolvere tutto a riso sino alla volgarità. Se questo ci riguarda in qualche modo, la Quaresima è tempo giusto per cambiare, per alleggerirci coltivando santi desideri e così aspettare la Pasqua nella gioia dello Spirito Santo (cfr Regola 49, 5-6).
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18-02-2015