Storia della Diocesi

Collocazione geografica
Collocata a sud-sud ovest di Roma, la Diocesi Suburbicaria di Albano confina a nord con quella di Frascati, ad est con Velletri e Latina e ad ovest con il mare Tirreno.
Il territorio diocesano comprende i comuni di Albano Laziale, Anzio, Ardea, Ariccia, Ciampino, Genzano di Roma, Lanuvio, Marino, Nemi, Nettuno e Pomezia, appartenenti alla Provincia di Roma e quello di Aprilia, che fa parte della Provincia di Latina, oltre a Santa Palomba, una piccola area del territorio della Capitale. La sua conformazione, dopo l’assorbimento nel VI secolo della diocesi di Anzio, non è sostanzialmente cambiata, anche se ha subito tagli importanti come quello del territorio di Grottaferrata, con la sua celebre abbazia e, recentemente, quello dei borghi di Latina.
Ai fini pastorali il territorio è tradizionalmente diviso in tre zone: Colli, Mediana e Mare, ciascuna con propri caratteri peculiari. La Diocesi è anche divisa formalmente in sei Vicarie: Albano, Marino, Ariccia, Aprilia. Pomezia e Nettuno. Le parrocchie sono 76, più altre nove civilmente riconosciute, ma non ancora canonicamente costituite. Al 2006, il clero secolare conta 96 sacerdoti, il clero regolare 54; i diaconi permanenti sono 45.
Nella Diocesi sono presenti 166 case religiose, di cui 126 femminili e 40 maschili, quasi tutte concentrate nella zona Colli e nella zona Mare.
La Diocesi di Albano ha il privilegio di avere nel suo territorio la cittadina di Castel Gandolfo, scelta dal papa Urbano VIII come residenza estiva dei pontefici (1626). L’attuale complesso delle “Ville Pontificie” di Castel Gandolfo assunse le attuali dimensioni di circa 55 ettari con il Trattato Lateranense del 1929 e gode della prerogativa dell’extraterritorialità.

Albano era nativo.

LE ORIGINI E L’EPOCA ANTICA

La “Perinsigne Basilica Costantiniana Cattedrale di Albano”
L’atto costitutivo o, forse più esattamente, il riconoscimento ufficiale dell’esistenza della comunità cristiana e della sua organizzazione sotto la giurisdizione vescovile si fa coincidere con l’erezione nell’Albanum da parte di Costantino, avvenuta attorno al 326, di una Basilica in onore di San Giovanni Battista, una delle quattro edificate dall’imperatore al di fuori di Roma. La successiva Cattedrale, però, intitolata a san Pancrazio e costruita sull’area della precedente dopo che un grave incendio l’aveva completamente distrutta insieme con l’episcopio, risale al papa Leone III (795-816).

Reperti archeologici
Nel corso di lavori di restauro all’inizio del 1900 sono stati rinvenuti elementi appartenenti alla primitiva struttura basilicale (la cripta, posta sotto il presbiterio, in cui furono traslate le reliquie dei martiri delle catacombe di san Senatore) ed alla ricostruzione (due colonne marmoree visibili grazie ad asole aperte nei pilastri murari).
La presenza di una numerosa e vivace comunità cristiana nell’Albanum, viene fatta risalire dagli studiosi tra il III secolo e l’inizio del IV, epoca alla quale A. Galieti, fra i più autorevoli storici della Diocesi, ascrive la realizzazione delle catacombe di San Senatore, nelle quali identifica il cimitero dove, con quelle dei santi Senatore e Perpetua, riposavano, secondo la Epitome de locis Ss. Martirum quae sunt foris civitatis Romae, le salme di innumeri sancti. Il ritrovamento, al di sopra della catacomba, del sepolcreto di un milite della II Legione Partica, suggerì al De Rossi la connessione tra la catacomba stessa e la milizia, giunta in Italia dall’oriente nel 193 d. c. al seguito dell’imperatore Settimio Severo e acquartierata appunto nell’Albanum. Visitabili dopo i lavori di restauro del 1989 a cura della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, vi si possono ammirare affreschi databili dal V all’XI secolo.
Più scarse e più tarde, da ascriversi verosimilmente al IV secolo, sono le testimonianze della presenza di comunità cristiane in altri centri della Diocesi, Lanuvium, Aricia, Bovillae, Lavinium, Ardea, alcuni di loro peraltro sedi di rinomati templi pagani, dove più tenaci furono le tradizioni. Non si può tuttavia escludere che, almeno nei centri dislocati lungo la via Appia, l’annuncio della Buona Novella alle popolazioni autoctone sia arrivato fin dal I secolo ad opera degli stessi Apostoli Pietro e Paolo. Coeva a quella dell’Albanum sembra sia stata invece la presenza di una comunità cristiana ad Antium, città esposta al contagio delle idee orientali a causa dei traffici che si svolgevano attraverso il porto e che, fino al VI secolo, quando venne assorbita dalla Diocesi di Albano, fu anche sede episcopale.
L’importanza presto assunta dalla diocesi albanense è attestata, oltre che dall’edificazione della basilica costantiniana, dall’elezione al soglio pontificio nel 401 di Santo Innocenzo I, che di Albano era nativo.

Epoca medioevale
La storia del territorio diocesano nei secoli successivi è stata influenzata dalla vicinanza di Roma e caratterizzata, come quella, prima dalle ripetute incursioni barbariche e poi dalle scorrerie dei saraceni, che ridussero vari paesi in rovina, tanto che di alcuni di essi (Lanuvium, Bovillae) si perse addirittura la memoria. In seguito le turbolenze che periodicamente si verificavano in Roma, sia per motivi religiosi che per ragioni legate al governo temporale e per le lotte tra le famiglie patrizie della capitale, Orsini, Colonna, Chigi, Savelli ecc., coinvolsero spesso i paesi della Diocesi ed anche i suoi vescovi, peraltro più volte chiamati anche al governo materiale delle città.

Epoca moderna
Nel 1628 la Diocesi di Albano si dotò di un proprio seminario. Chiuso nel 1921 per difficoltà economiche, riprese a funzionare nel.1949 con il titolo di Pontificio Seminario Interdiocesano Pio XII nell’immobile sito in piazza San Paolo, prima concesso e poi donato alla Diocesi dalla Santa Sede.
Con l’occupazione francese alla fine del XVIII e inizio del XIX secolo e la soppressione degli ordini religiosi, i monasteri vennero “indemaniati”: quello dell’Immacolata delle Clarisse divenne caserma per la gendarmeria, mentre nel convento di Santa Maria della Stella e nel Collegio di Propaganda Fide vennero acquartierate le truppe, “1.200 uomini e 25 cavalli”. La sollevazione dei paesi dei Colli Albani, seguita alla rivolta di Roma, fu facilmente domata dalle truppe del generale Murat ed i paesi saccheggiati. Numerosi prelati e sacerdoti, che si rifiutavano di prestare il giuramento di fedeltà all’imperatore, vennero deportati; uno di loro morì durante la prigionia.
Il cardinale Michele Di Pietro, nativo di Albano e formato presso il locale Seminario, fu delegato apostolico per il governo di Roma durante la prigionia prima di Pio VI e poi di Pio VII. Fiero oppositore dei disegni di Napoleone, subì anch’egli il carcere per poi divenire finalmente pastore della Diocesi natia dal 1816 al 1824.

Santi e papi nella cronotassi
La cronotassi dei Vescovi di Albano del Galieti, ritenuta la più attendibile, enumera n° 156 presuli, ai quali vanno aggiunti i sei succedutisi dal 1948 ad oggi.
Due di essi lasciarono la sede albanense per il papato: Pietro Martino (papa Sergio IV, 1009-1012) e Nicola Breackspears (Adriano IV, 1154-1159). Tre vescovi ascesero al soglio di Pietro da altre sedi episcopali, dopo avere tenuto quella di Albano: Rodrigo Borgia (Alessandro VI, 1492-1503), Giovan Pietro Carafa (Paolo IV, 1555-1559) e Giovanni Alessandro de’ Medici (Leone XI, 1605). Il Galieti esclude che sia passato per la sede albanense anche Giuliano della Rovere, asceso al papato nel 1503 con il nome di Giulio II.
Altri due presuli sono ascesi all’onore degli altari: san Pietro Igneo, vescovo di Albano dal 1074 al 1089, e san Bonaventura da Bagnoreggio, dottore serafico, dal 1273 al 1278, mentre sono stati proclamati beati Matteo (+ 1189) ed Enrico de Marsiac (+1189), che nel 1185 per umiltà aveva rifiutato il papato. Il cardinale Ludovico Altieri morì nel 1867 in mezzo al suo gregge percosso dal colera.
Dall’anno 963 al 1966 i vescovi albanensi sono stati cardinali. Successivamente, in forza del motu proprio di Papa Giovanni XXIII Ad suburbicariam diocoesi”, la guida effettiva della Diocesi è affidata al vescovo ordinario, mentre al cardinale viene attribuito il solo titolo.

Epoca moderna
Per secoli e ancora all’inizio del secolo XX, il territorio diocesano è stato caratterizzato dalla presenza di due poli abitativi, la zona collinare e quella costiera, tra le quali si estendeva la parte meridionale dell’Agro Romano, vasta plaga paludosa e malsana, quasi del tutto spopolata, nella quale si consumò nel 1902 il sacrificio di santa Maria Goretti, compatrona della Diocesi, la cui salma è custodita nel Santuario di Nostra Signora delle Grazie a Nettuno. La zona venne bonificata e colonizzata negli anni 30, quando furono fondate Aprilia e Pomezia.
Nel 1944 la guerra imperversò crudelmente per oltre quattro mesi sul territorio della Diocesi, provocando vittime e distruzioni immani. Innumerevoli in ogni paese della Diocesi furono in quelle tragiche circostanze le prove di coraggio e le testimonianze di solidarietà del clero e dei religiosi a favore delle popolazioni abbandonate dalle autorità civili. La tragedia più grande in termini di vite umane perdute si consumò il 10 febbraio, a seguito di bombardamento aereo, nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo e nel contiguo Collegio di Propaganda Fide, che accoglievano migliaia di sfollati.
Nel dopoguerra, a seguito dello sviluppo economico, il territorio attirò numerosissimi immigrati in prevalenza dal Meridione. In cinquanta anni la popolazione è passata da meno di centomila a quasi mezzo milione di abitanti; da piccoli borghi Aprilia, Pomezia e Ardea, come anche Ciampino, già frazione di Marino, si sono trasformate in città popolose. La popolazione aumenta a oltre un milione durante la stagione estiva. Ultimamente il fenomeno migratorio sembra essersi ridotto di intensità, ma si è arricchito di una componente nuova, quella dell’immigrazione da paesi estracomunitari con una forte componente di clandestinità. Si è così creato un crogiuolo di culture e di religioni dal quale nascerà il domani del territorio e della Chiesa di Albano, che dovrà crescere affrontando e vincendo la sfida del multiculturalismo e della multireligiosità.
Questi fenomeni non sono sfuggiti all’attenzione della Chiesa. Il IX Sinodo diocesano tenutosi nel 1958 ebbe carattere essenzialmente disciplinare, ma intanto cresceva il numero delle parrocchie e della chiese nel territorio e cresceva l’attenzione per il mondo operaio. Alla visita pastorale, iniziata nel 1981 e conclusa nel 1986, è seguito un periodo di riflessione comunitaria attraverso una serie di convegni ecclesiali, che è sfociato nel Sinodo degli anni 90, al quale per la prima volta, accanto ai sacerdoti e ai religiosi, hanno partecipato numerosi delegati laici. Il Sinodo ha dato chiara coscienza alla Chiesa di Albano di essere in missione nel suo stesso territorio e contemporaneamente, insieme con altri preziosi frutti, ha maturato la sua apertura missionaria verso l’esterno con la decisione di assumere il servizio pastorale della parrocchia di Masuba nella Diocesi di Makeni in Sierra Leone.