La riforma della Chiesa secondo Papa Francesco

Intervento alla conferenza inaugurale del seminario internazionale "Una Iglesia sinodal: de Pablo VI a Francisco. Une aporte iberoamericano para la reforma de la Iglesia" - Madrid
28-04-2019

La decisione di Francesco di avviare un processo di riforma della Curia romana ha avuto come effetto quello di risvegliare l’attenzione nei riguardi dell’idea stessa di “riforma”: un tema e, soprattutto, un termine per riconciliarsi con il quale la Chiesa cattolica ha dovuto attendere l’evento del Vaticano II. Citerò solo il decreto Unitatis redintegratio, dove al n. 6 si legge: «Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l’unità. La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno».

Emidio Campi, uno storico valdese, così brevemente commenta, in un saggio recentemente ristampato presso un’editrice italiana: «Dopo secoli di condanna o di dimenticanza, la reformatio ecclesiae ritrova dunque anche in ambito cattolico una valenza positiva e la sua piena legittimità. Oltre a essere concepita come necessaria epurazione di tutto ciò che rappresenta un allontanamento dall’essenza e dalla vocazione della Chiesa, essa è anche disposizione spirituale a operare per l’unità dei cristiano…». A parte la ripresa dell’antico assioma sull’ecclesia semper reformanda, si è ormai convinti che «la riforma è una dimensione costitutiva della chiesa, di ogni chiesa, proprio perché si tratta della Chiesa di Cristo, il quale è la “forma” e il “formatore” della chiesa, in un dinamismo spirituale che fa di lui un perenne ri-formatore della sua sposa».

Qual è, ad ogni modo, il significato della parola riforma? Nella lingua latina al verbo reformare il Forcellini riconosce due significati fondamentali: uno è quello di tornare ad una forma primitiva, l’altro senso è quello di rendere migliore. Questi due fondamentali significati li conosceva molto bene Y. Congar, il quale vi fece ricorso in una sua notissima opera dedicata, appunto, alla «riforma» nella Chiesa. Esponeva al riguardo, tre idee di riforme: anzitutto quella dettata dagli abusi e, perciò, anzitutto una riforma morale che si realizza nell’ordine della vita della Chiesa, ma non ancora in quello della sua fondamentale struttura (e delle sue strutture). Un secondo tipo di riforma sarebbe quella che vuole intervenire proprio sui principi strutturali della Chiesa, ossia dei dogmi, dei sacramenti e della sua struttura gerarchica (quello, per intendersi, cui giunsero i riformatori del XVI secolo, i quali «hanno spinto la loro volontà di riforma fino alla “struttura” stessa della Chiesa». Il terzo tipo di riforma riguarda le strutture storiche e sociologiche ed è quello che a Congar stava maggiormente a cuore. Scriveva infatti: «Ah! Se si potesse rinnovare il volto umano della Chiesa e fare in modo ch’essa appaia meglio come Chiesa di Cristo! In poche parole, si ritengono necessari dei mutamenti in certe forme della vita e anche nelle “strutture” della Chiesa».