Omelia nella Messa della Notte di Natale 2009

25-12-2009

1. Ogni notte, a Natale, la Chiesa fa leggere il racconto che anche noi, adesso, abbiamo ascoltato. È la storia di una grande convocazione su tutto l'impero di Roma per fare la conta dei sudditi. Sono stati ripetuti nomi altisonanti, come quello di Cesare Augusto, imperatore di Roma, e di Publio Sulpicio Quirino, che era il suo governatore per la Siria. Nomi di grandi, temuti e riveriti, omaggiati e osannati, come abitualmente si fa quando uno è potente. Al loro confronto, erano un nulla i nomi di Maria e Giuseppe. Eppure proprio con loro comincia una storia nuova e noi, ora radunati per la Messa natalizia, siamo invitati a farne parte.

Esortava perciò San Gregorio di Nazianzo: 'Rispetta il censimento, grazie al quale anche tu sarai censito nel cielo; onora la piccola Betlemme, che ti ha fatto risalire al paradiso; adora la mangiatoia, per la quale tu sei stato nutrito dal Logos' Glorificalo coi pastori, intona inni con gli angeli, intreccia cori con gli Arcangeli'' (cf. Oraz. 38, 11, 17). Questo noi lo facciamo adesso.

A Betlemme, però, quello che i profeti indicavano come l'atteso delle genti nacque come ignoto e sconosciuto ai più. Gli stessi pastori, per riconoscerlo ebbero bisogno di un segno: 'troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia' (Lc 2, 12). Quando mai noi avremmo immaginato di dovere trovare il Salvatore del mondo proprio in tale condizione? Esclamava stupito sant'Agostino: 'Colui che sostiene il mondo intero giaceva in una mangiatoia: non parlava ancora, eppure era la Parola' O grande debolezza e mirabile umiltà, nella quale si nascose totalmente la divinità' (Sermo 184, 3: PL 38, 997). Questo, però, è lo stile di Dio: farsi piccolo e bisognoso perché noi, tanto spesso presi dal delirio di potenza, potessimo apprendere, come Maria, che Dio innalza gli umili, rimanda i ricchi a mani vuote e ricolma di beni gli affamati (cf. Lc 1, 52-53).

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