Servire e amare nel nome del Signore

Omelia nella Solennità della Dedicazione della Basilica Cattedrale di San Pancrazio e avvio dell’Anno pastorale 2021-2022
26-09-2021
  1. «Una casa di preghiera … per tutti i popoli» (Is 56,7). È questa l’immagine che ci consegna il profeta Isaia nella prima lettura che è stata proclamata. È forse un sogno, un desiderio che il profeta vagheggia, eppure, nella luce della Parola del Signore quest’immagine diventa un progetto da attuare, una mèta indicata anche al nostro pellegrinaggio, come cristiani e comunità credente. Sappiamo che queste parole del profeta si collocano in un momento particolare per la storia di Israele: è il momento di ritorno, momento di ricostruzione e di ripartenza, come forse diremmo oggi, è il momento “oltre la tempesta”, in cui è forte il desiderio di ripartire, di riannodare fili che sembrano spezzati nelle relazioni e nei cammini comunitari.

Anche noi oggi, come i reduci dalla deportazione in Babilonia, ci sentiamo coinvolti in questo desiderio di ritorno, di ripresa, ma siamo anche consapevoli che la realtà è diversa e nuova, e probabilmente non potrà essere come prima. Israele, nel suo ritorno da Babilonia, si scopre ferito, ma anche arricchito, più variegato per provenienze e origini. Dopo il rientro, tanto atteso, ci si rende conto di non essere più soli, come gruppo etnico e religioso, non più soli in cammino verso il monte santo, verso il tempio del Signore. E allora nasce la domanda: in che modo possiamo ripartire? che spazio ci può essere per la novità, per lo straniero, per l’«eunuco», per chi è contaminato da altri culti, in questo pellegrinaggio? Potranno salire al tempio santo, potranno entrare anche loro nel tempio del Signore?

Ed ecco la novità che introduce il Signore per bocca del profeta: anche i loro olocausti saranno graditi, i loro incensi saranno bene accetti. Il tempio del Signore sarà così “casa di preghiera”, certamente, ma “per tutti popoli”: luogo in cui ognuno possa sentirsi accolto, amato, riconosciuto, anche se straniero o lontano in qualunque senso. C’è però una condizione che il profeta Isaia segnala come esigenza per essere accolti a pieno titolo nel suo popolo, nella casa del Signore: “servire e amare il nome del Signore”. Servire e amare, verbi semplici forse molto usati o addirittura abusati nel nostro linguaggio ecclesiale, eppure è tutta qui l’essenza della nostra vita cristiana, del nostro essere Chiesa.