Come mangiare la carne del Signore

Omelia in memoria di san Pio da Pietrelcina - Chiesa di San Salvatore in Lauro, Roma
23-04-2021
  1. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna (Gv 6,54). Queste parole di Gesù le risentiamo oggi, noi, diversamente da come l’udirono i suoi discepoli circa duemila anni. Col dono dello Spirito che guida la Chiesa nella conoscenza della verità tutta intera (cf. Gv 16,13) noi ne conosciamo il valore sacramentale. Sappiamo che quel corpo donato è stato risuscitato dai morti; sappiamo che quel sangue versato e sgorgato dal costato aperto del Signore, è il seme da cui siamo nati noi: era, infatti, il segno dello Spirito della nostra rinascita alla vera vita. «Ognuno muore solo», dice il titolo di un libro [di Hans Fallada] da Primo Levi indicato come «il libro più importante che sia mai stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo». Per Gesù è stato il contrario: mentre moriva solo sulla Croce, nasceva la Chiesa, il grembo materno dal quale siamo nati noi per una vita chiamata a fiorire in vita eterna. Gesù è morto come chicco di grano ed è risuscitato come spiga.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. Meditiamo su questa parola di Gesù proprio quando stanno per essere deposti sull’altare il pane e il vino, frutti della terra e del lavoro dell’uomo. Per la forza trasformatrice dello Spirito diventeranno il corpo e il sangue del Signore. Ascoltiamo, allora, la parola di un padre della Chiesa, di san Bernardo, quando commenta l’affermazione di Gesù: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.