L’amore di Dio per la debolezza e la povertà

Omelia ad competentes 2019
10-03-2019
  1. La prima Domenica di Quaresima è segnata, nel nostro uso liturgico, dal mistero della tentazione di Gesù nel deserto. Con questa scelta la Chiesa vuole dirci che nei quaranta giorni di cammino verso la celebrazione della Pasqua ciascuno di noi deve guardare a Gesù come a suo modello di combattimento e di vittoria. Sant’Agostino lo affermava senza mezzi termini: «Egli avrebbe potuto tenere lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato» (Esp. sul Salmo 60, 3). Sì, perché nessuno di noi può sfuggire alla prova. «La vita cristiana è un combattimento permanente», ci ricorda il Papa. Da noi, allora, si richiedono forza e coraggio, ma è una lotta molto bella, conclude Francesco, «perché ci permette di fare festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita» (Esort. Gaudete et exsultate, nn. 158).

Proprio perché tempo di lotta contro la tentazione, la Quaresima si conclude con la celebrazione del mistero della morte e risurrezione del Signore. Per voi, in particolare, cari Catecumeni, questa liturgia domenicale è come l’iscrizione ad una gara in vista del giorno della vittoria. Vi propongo, dunque, per i prossimi giorni di leggere, accompagnati dai vostri catechisti, quei passi in cui nel Nuovo Testamento la vita cristiana è descritta come una sorta di maratona spirituale per la quale si domanda resistenza e pazienza nel superare gli ostacoli. San Paolo, ad esempio, scriveva: «ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io, dunque, corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato» (1 Cor 9, 25-27).