Sospesi nella contemplazione, protesi nella carità

Omelia nell'anniversario della Dedicazione della Basilica Cattedrale e XX anniversario di ordinazione episcopale
30-09-2018
  1. Da oltre due anni, fratelli e sorelle carissimi, il tema del «discernimento» è al centro delle nostre attenzioni pastorali. Gli abbiamo dedicato due convegni diocesani: lo scorso 2017, col titolo «Discernimento, cuore dell’accompagnare» e quest’anno, mettendo a fuoco l’espressione: «Tra il dire e il fare: un discernimento incarnato e inclusivo». Il termine discernimento, poi, ci è apparso orientativo come stella polare nella maturazione dei nostri compiti di comunità adulte, mentre riconoscevamo nell’accompagnare un dovere imprescindibile per l’iniziazione e l’educazione alla vita di fede. In questo itinerario, il discernimento s’è inserito come quel processo specifico durante il quale si diventa capaci di assumere decisioni importanti per la propria vita.
    Tradotto in termini di discepolato di Gesù, questo processo vuol dire anzitutto cercare di riconoscere, accogliere e attuare la volontà del Padre nel contesto della propria particolare situazione, personale e comunitaria. Ad esso noi sacerdoti abbiamo dedicato molta attenzione nei soggiorni formativi, che ormai viviamo insieme da tempo tra la fine del mese di agosto e quello di settembre sì da entrare più disposti nel nuovo anno pastorale.
    Se, però, ho ricordato il discernimento l’ho fatto soprattutto perché la parola del Signore cantata durante la Liturgia di questa sera mi pare presenti esattamente questo tipo di esercizio, che individuo nella domanda rivolta a Gesù dalla donna samaritana: «i nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare» (Gv 4, 20).
    Il discernimento è, dunque, necessario: dov’è la verità? Ma … quale «verità»?