Vittima della sua carità. Omelia per la chiusura dell’Inchiesta diocesana sulla vita, virtù e fama di santità del Servo di Dio Cardinale Ludovico Altieri, vescovo di Albano, 26 settembre 2015

26-09-2015
Per chiudere ufficialmente l’indagine diocesana per beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio cardinale Ludovico Altieri, vescovo di Albano, è stata scelta l’odierna data per la singolare coincidenza, in questo 26 settembre 2015, di due ricorrenze liturgiche. La festa, anzitutto, di san Senatore cui è intitolata la catacomba posta al XV miglio della Via Appia: Albani, in Latio, sancti Senatoris, martyris riporta il martirologio romano; con i primi vespri di questa sera, poi, inizia la solennità dell’anniversario della Dedicazione della nostra Cattedrale. Sono due luoghi-simbolo per la nostra fede cristiana. Il primo ci riporta alle sue origini e alla «deposizione» in quell’area funeraria dei primi martiri della nostra Chiesa: Secondo, Carpoforo, Vittorino, Severiano e, appunto, Senatore. Il secondo luogo, la Cattedrale, legata com’è per le sue origini al nome di Costantino, ci rimanda alla prima fioritura di quella semina poiché, come diceva Tertulliano nella sua notissima sentenza, semen est sanguis Christianorum (Apolog. 50: PL 1, 535). Da quei semi è germogliata la nostra Chiesa e da quei semi ancora oggi fiorisce e fruttifica.
Le due coordinate delle Catacombe di san Senatore e della Cattedrale ci aiutano pure a inquadrare la figura del cardinale vescovo Ludovico Altieri. Egli giunse a questa Chiesa di Albano per volontà del papa beato Pio IX. Presentandosi al clero e ai fedeli nella lettera pastorale del 20 gennaio 1861 tratteggiò se stesso con le espressioni ricavate dalla prima lettera di Pietro, divenute classiche per descrivere l’ufficio dei pastori: forma facti gregis ex animo (5,3), essere un modello per il gregge, che per Ludovico Altieri voleva dire spendersi totalmente per il «perfezionamento dei santi» e «l’edificazione del Corpo di Cristo» (cfr Ef 4,12).
Il marmo scolpito nella nostra Cattedrale lo ricorda come pastor bonus. È un’immagine abituale per noi; è un titolo che ci rimanda a Gesù, pastore buono delle pecore. L’espressione incisa, però, dice qualcosa di più. Il richiamo, infatti, non è al pastore del vangelo secondo Luca che va in cerca della pecora perduta e, una volta trovatala, pieno di gioia se la carica sulle spalle (cfr Lc 15,4-5), ma al pastore giovanneo che, ben diversamente dal mercenario il quale, quando «vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo e rapisce e le disperde», non soltanto non scappa ma rimane per donare la sua vita: «io do la mia vita per le pecore» (Gv 10, 12.14). Basta leggere con attenzione la frase latina, che dice: cum in medium gregem dira saeviente lue advolasset … La pestilenza è paragonata a una terribile bestia, che si slancia in mezzo al gregge per dilaniarlo.
...
 

””