Riforma e terapia. Nella letteratura spirituale. Articolo da «L’Osservatore Romano» 6-7 febbraio 2017, pag. 4

Riforma e terapia. Nella letteratura spirituale

 

Nel discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2016 per la presentazione degli auguri natalizi Francesco è tornato a riflettere, come nei precedenti due anni, sulla riforma della Curia Romana. Al termine ha ricordato che dopo il discorso del 2014, quando parlò delle «malattie curiali», un partecipante gli domandò: «Dove devo andare, in farmacia o a confessarmi?» ed egli rispose: «Mah, tutt’e due». Ha riferito poi che giunto al saluto il Cardinale Brandmüller, questi gli fece il nome di «Acquaviva». Il Papa ha proseguito: «Io, al momento, non ho capito, ma poi, pensando, pensando, ho ricordato che Acquaviva, quinto generale della Compagnia di Gesù, aveva scritto un libro che noi studenti leggevamo in latino, i padri spirituali ce lo facevano leggere, si chiamava così: Industriae pro Superioribus ejusdem Societatis ad curandos animae morbos, cioè le malattie dell’anima…». Di conseguenza ha scelto di farne dono natalizio ai presenti.

L’episodio merita di essere commentato, se non altro perché aiuta a mettere meglio a fuoco l’altro livello che, insieme con quelli ecclesiologico e istituzionale, Francesco intende quando fa uso della parola «riforma». Intendo il livello spirituale, che fu praticamente dominante nel ricordato discorso del 22 dicembre 2014: come ogni corpo umano, disse il Papa, la Curia «è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità». Francesco, in verità, ne parlò non soltanto come malattie, ma pure come «tentazioni» che indeboliscono il servizio al Signore. Propose perciò come orizzonte (si era nella preparazione al Natale) la celebrazione del sacramento della Riconciliazione.
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07-02-2017