Come bambini appena nati. Omelia nella veglia pasquale, 26 marzo 2016

26-03-2016
La risurrezione di Gesù, che celebriamo in questa Santa Notte, non riguarda Lui soltanto, ma anche tutti noi. Abbiamo ascoltato le parole dell’Apostolo: Cristo «è risorto dai morti e non muore più. Perciò anche voi, che per mezzo del battesimo siete stati sepolti insieme a Gesù, adesso in Lui siete viventi per Dio» (cfr Rm 6, 9-10). San Paolo pensa a uno scambio di vita fra noi e Cristo, che si realizza in forza del Battesimo. In questo sacramento l’energia della sua risurrezione ci attrae, ci coinvolge e ci porta con sé negli spazi della vita: la vita piena, la vita felice, la vita realizzata. L’energia di Cristo passa in noi e guarisce la nostra infermità, rinvigorisce la nostra debolezza, recupera la nostra dispersione.
Questo mistero di grazia, ce lo ha descritto in una forma molto bella e molto lirica la preghiera liturgica che ho proclamato dopo l’ultima lettura dell’Antico Testamento: «Tutto il mondo veda e riconosca che ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo di Cristo che è il principio di tutte le cose». In un rapido susseguirsi d’immagini, qui si parla di ricostruzione, di rinnovamento, di rinascita. Ad entrare in questo clima di sorpresa e di gioia ci aiuta il cantico di Tobia: Gerusalemme sarà ricostruita, da una all’altra delle porte di Gerusalemme risuoneranno i canti di esultanza e in tutte le sue case si canterà: Alleluia! (cfr Tb 13, 17-18).
La stessa letizia pervade il quarto prefazio pasquale del Messale: «distrutto ormai il vecchio mondo di peccato, tutto ciò che era crollato è ricostruito e in Cristo la nostra vita è riportata all’integrità originale (vetustate destructa, renovantur universa deiecta, et vitae nobis in Christo reparatur integritas)». È così che il Signore guarda alla nostra debolezza e alla nostra colpa: non come a qualcosa di fatale e irrimediabile, ma come a un passato cancellato, abolito. Per Iddio nessuna nostra malattia, benché grave, è inguaribile e nessuna nostra cattiveria è irrecuperabile per lui. «Non è a misura nostra che Dio fa le cose nostre, ma a misura della sua sconfinata misericordia» (Callisto Patriarca, Capitoli sulla preghiera, 23: Filocalia, IV, 307).
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