Fasciare e prendersi cura. Omelia nella Messa della Notte di Natale 2014

26-12-2014
Il nostro cuore in questa notte è nella gioia, perché «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tit 2,11). È la stessa gioia che l’angelo del Signore ha annunciato ai pastori che nella regione di Betlemme vegliavano sul loro gregge (cfr Lc 2,8). Ma cosa si è manifestato? Cosa si è potuto vedere? Un neonato, che la sua mamma, dopo averlo partorito, ha avvolto nei panni e ha deposto in una mangiatoia. Sono immagini che c’inteneriscono perché sono fissate nella carne di ciascuno di noi. Sono, infatti, gli stessi gesti che hanno calmato i nostri primi fremiti quando siamo nati. Anche noi, per quanto non ne abbiamo consapevole memoria, siamo stati accolti così quando siamo venuti alla luce. Come fece Maria, che diede alla luce il suo figlio e lo avvolse in fasce (cfr Lc 2,7).
Avvolgere il neonato in fasce, o in coperte è una pratica antica quanto l’uomo stesso. È una delle prime forme di cura per gli inizi della vita umana. Dicono che la loro mancanza è alla radice di tante angosce dell’infanzia ed ha un rapporto con le difficoltà che insidiano la salute fisica e psichica dell’individuo.
Gesù, quando è nato ha sentito nella sua umanità il calore dell’essere accolto in una famiglia. Lo ha avvertito nel gesto della madre, che avvolgendolo in fasce riproduceva in qualche modo per lui il calore del grembo materno e lo aiutava ad assuefarsi a un mondo più ampio; lo ha percepito nella presenza maschile e vigile di Giuseppe, il custode che il Padre del cielo aveva eletto per lui. Quando è nato, Gesù ha percepito di essere figlio curato con tenero affetto da un papà e da una mamma. Potrà dunque esclamare come l’autore del libro della Sapienza: «Anch’io appena nato fui allevato in fasce e circondato di cure» (7,4). Ci saranno, poi, giorni in cui soffrirà l’avversità degli uomini e l’abbandono degli amici. Ora, però, le fasce del Natale non sono ancora il lenzuolo con cui Giuseppe d’Arimatea calò dalla croce il corpo di Gesù e lo depose in una tomba (cfr Lc 23,53).
Le fasce che avvolgono il corpo di Gesù appena nato possono essere anche per noi un segno: di come si accoglie la vita; di come ci si prende cura della vita umana. Fin dai suoi inizi, certo, e poi sempre. Chissà! Forse le fasce di cui fu avvolto a Betlemme, apparvero nell’animo di Gesù come in un bagliore improvviso quel giorno in cui disse: «Ero nudo e mi avete vestito» (Mt 25, 36). Gesù vuole essere fasciato in tutti gli ignudi di questa terra. Le fasce sono un «segno» che noi, come i pastori, dobbiamo sapere cogliere (cfr Lc 2, 12).
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