Il mistero della vocazione

Omelia nella festa della Natività della B.V. Maria, II turno del soggiorno formativo del Presbiterio diocesano, XLIX anniversario ordinazione presbiterale
08-09-2020
  1. Durante la prima lettura, tratta dalla lettera ai Romani, abbiamo udito che, per descrivere le diverse tappe della storia della salvezza, san Paolo ha fatto ricorso a cinque verbi. Riascoltiamo: «quelli che egli da sempre ha conosciuto…» ed è questo il primo verbo: conoscere. Subito dopo è ricordata un’altra azione divina: predestinare. C’è, quindi il verbo chiamare e, da ultimo, ci sono i verbi giustificare e glorificare. Questi cinque verbi tracciano, come dicevo, i diversi e successivi momenti dell’opera di Dio a favore nostro e questo allo scopo di renderci conformi all’immagine del Figlio suo; per renderci suoi figli adottivi (cf. Rm 8,29-30).

Per avere un’idea di questo processo potremmo pensare a quello che il Vasari diceva dell’arte di scolpire di Michelangelo: egli aveva già nella mente un’idea della forma che voleva riprodurre e questa la vedeva come racchiusa, imprigionata nel marmo sicché, operando con lo scalpello, l’artista toglieva via tutta la materia superflua finché l’immagine veniva fuori nella sua bellezza. Potrebbe essere una pallida immagine di quello che il divino Artista ha fatto per Maria, di cui oggi nella liturgia celebriamo la natività; di quello che ha fatto per la Chiesa; di quello che ha fatto per ciascuno di noi, anche nel mistero della nostra vocazione.