L’arcano linguaggio di quelle lacrime. Omelia in occasione del 61° anniversario della lacrimazione della Vergine in Siracusa, 29 agosto 2014

29-08-2014

1. Sono grato all’Arcivescovo S. Pappalardo per l’invito rivoltomi a dare inizio a queste giornate di memoria nel 61° anniversario della lacrimazione della Vergine qui in Siracusa ed anche per le fraterne e cordiali parole di saluto, che ricambio per lui e per voi tutti. Mi è grato salutare con filiale affetto l’Arcivescovo emerito G. Costanzo, che già nel 2001 mi aveva rivolto l’invito per partecipare a un Convegno mariologico; invito che volentieri aveva accettato, ma cui dovetti mio malgrado rinunciare per il sopravvenuto impegno, affidatomi da Giovanni Paolo II, di segretario speciale alla X Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Lo ringrazio ancora per quel gesto di tanti anni fa e sono felice di abbracciarlo oggi. Così come sono contento di celebrare insieme con voi la Santa Messa a lode della Beata Vergine, qui nel Santuario a lei dedicato.

Mi ha sempre «dato da pensare» - non già nel senso della preoccupazione, bensì dell’offerta e del dono di un pensiero – la domanda posta dal papa Pio XII riguardo al miracolo mariano di Siracusa: «Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di quelle lacrime». Ebbene, noi siamo qui proprio per questo: per comprendere. Non già nel significato comune di capire, ma in quello pieno di accogliere spiritualmente in noi quelle lacrime. E questo, attraverso il gesto ancora più grande, ancora più profondo, ancora più importante dell’accogliere in noi Maria.

Come il discepolo amato che sotto la Croce, rispondendo alla parola di Gesù, l’accolse con sé (cf Gv 19, 27). Nella sua enciclica Redemptoris mater (1987) Giovanni Paolo II spiegò questa espressione come un introdurre Maria «in tutto lo spazio della propria vita interiore», cioè nel proprio «io» umano e cristiano (n. 45). Ecco quello che anzitutto dobbiamo fare. Solo così ci metteremo nella condizione di comprendere l’arcano linguaggio delle lacrime.

 2. Le lacrime, a dire il vero, sono sempre una realtà misteriosa. Scriveva R. Tagore in una sua poesia: «Quest’ora sembra attendere un evento, voi mi chiedete/ la causa delle mie lacrime. Non posso dirvelo:/ è il segreto non ancora rivelato» (in Petali sulle ceneri). Le lacrime di un uomo sono un segreto non ancora rivelato. Eppure le lacrime hanno una loro eloquenza misteriosa. Hanno, difatti, la capacità di simbolizzare, ossia tenere insieme, di riunire e pure di racchiudere l’anima e il corpo; sono in grado di esprimere il dolore umano e la consolazione divina. In qualche maniera di può dire che le lacrime sono l’immagine della Incarnazione.

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