Maturi nell’amore

Omelia per la benedizione abbaziale di padre Loris M. Tomassini o.c.s.o.
23-02-2020
  1. Carissimi fratelli di questo Monastero, presiedo con intima gioia l’Eucaristia domenicale e il rito della benedizione del vostro nuovo Abate, riconoscente insieme con voi al Signore per i segni del suo amore. Negli anni passati sino ad oggi, avete assaporato la paternità del p. M. José Otero, che saluto con grande e profondo affetto, grato col presbiterio diocesano per il nutrimento spirituale da lui ricevuto in tante occasioni. Vi guardo, dal più anziano al più giovane, e vi riconosco come un ramo di quel grande albero che è la vita consacrata la quale, come dice il Concilio Vaticano II, «si estende in modi mirabili e molteplici nel campo del Signore a partire da un germe seminato da Dio» (Lumen gentium, n. 43). Qui alcuni pongono il loro nido e siete voi, miei carissimi, che sotto una medesima Regola avete scelto di servire Dio e la Chiesa. All’ombra delle foglie di questo ramo, però, ci sono tanti altri che vi sono giunti e vi arrivano per trovare ombra e ristoro. Alcuni per qualche giorno e altri solo per poche ore, ma tutti per cercare di Dio…

Non è sempre facile, cercarlo, Dio. Spesso, anzi, è doloroso. Si narra che prima di morire Lutero abbia scritto su un foglio: Wir sind Bettler: hoc est verum! – «siamo mendicanti, questa è la verità». Non aveva torto. Regnum Dei quaerere, ci domanda il Signore (cf. Mt 6,33). Sant’Agostino spiega che questa è l’opera del monaco, ma lo dice così: «entrando nella quiete del monastero non siete andati a cercarvi un modo facile di tirare avanti la vita, ma avete ricercato il regno di Dio attraverso la via stretta e difficoltosa propria di questa istituzione» (De opere monach., 28, 36: PL 40, 576). Dal verbo latino quaerere – ricordiamocelo – deriva anche la parola «questua», chiedere l’elemosina: cercare Dio è anche questo. Sappiamo, però, che il Signore non abbandona mai chi lo cerca (cf. Sal 9,11). Ed è così che un monastero è somigliante all’albero della Croce: inter omnes arbor una nobilis; nulla talem silva profert, flore, fronde, germine; «il più nobile fra tutti gli alberi e unico per fronde, fiori e frutti» (Inno Crux fidelis). Così, anche nella Chiesa di Albano, questo Monastero.