Scoprire le segrete menzogne

Meditazione al Clero diocesano per l’inizio della Santa Quaresima
15-02-2018

«E quando pregate… quando tu preghi…» (Mt 6, 5-6). Il vangelo che nella liturgia del mercoledì delle ceneri c’introduce nel cammino quaresimale, ci chiama alla preghiera. Insieme con l’elemosina e il digiuno, essa delimita lo spazio entro cui si realizza la pietà giudaica (cfr. Tb 12, 8) ed è possibile esercitare la giustizia. Un detto di Simeone, un sommo sacerdote vissuto in Gerusalemme alla fine del III secolo a. C. e soprannominato «il giusto», diceva che «su tre cose il mondo sta: sulla Torà, sul culto e sulle opere di misericordia» (Pirqè Avot I, 2).
1. I tre pilastri della terra
Già all’epoca di Gesù la tradizione rabbinica applicava ad ogni cosa questa triplicità e Gesù la riprende, applicando il digiuno allo studio della Legge: e in effetti (direbbe il Baal Shem Tov, il fondatore della corrente spirituale chassidica), tutta l’energia che siamo disposti a perdere col digiuno dobbiamo applicarla allo studio della Parola di Dio e alla preghiera!
Gesù, però, spiega, che la pratica di questi tre pilastri della terra deve riflettere non lo sforzo umano, ma l’accoglienza totale della paternità di Dio: il Padre è la figura che domina l’intero brano evangelico. Il discepolo di Gesù non agisce per esibire se stesso, ma per rendere manifesta agli occhi degli uomini la paternità di Dio. Il figlio imita il Padre. Il Padre del cielo, dunque, è il centro attorno a cui deve gravitare ogni nostro agire. Per questo Gesù concluderà insegnando ai discepoli la preghiera del Pater.
La tradizione cristiana coglierà dalle labbra di Gesù il valore teocentrico di questi tre atti e presto lastricherà con essi la strada che conduce alla Pasqua. Elemosina, preghiera e digiuno sono come delle pietre ben connesse per formare un unico tracciato. È divenuto un classico quanto predicava san Pietro Crisologo: «Queste tre cose, preghiera, digiuno e misericordia, sono una sola cosa e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Che nessuno le separi, poiché esse non possono essere separate. Colui che ne ha una o non le ha tutte e tre insieme, non ha nulla. Pertanto, colui che prega, digiuni pure; chi digiuna, sia pure misericordioso» (Sermo XLIII: De oratione, jejunio et eleemosyna: PL 52, 320). Di queste tre azioni scelgo la preghiera e lo faccio per due ragioni. La prima è che, al dire di sant’Agostino, il digiuno e l’elemosina sono «le due ali della preghiera», quelle che le permettono di prendere più facilmente il suo slancio e di giungere sino a Dio. Diceva: «In tal modo la nostra preghiera, fatta in umiltà e carità, nel digiuno e nell’elemosina, nella temperanza e nel perdono delle offese, dando cose buone e non restituendo quelle cattive, allontanandosi dal male e facendo il bene, cerca la pace e la consegue. Con le ali di queste virtù la nostra preghiera vola sicura e più facilmente viene portata fino al cielo, dove Cristo nostra pace ci ha preceduto» (Sermo CCVI: In Quadragesima. II: PL 38, 1042).
Una seconda ragione mi è data da quanto Francesco ha scritto nel suo Messaggio per la Quaresima 2018: «Dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi per cercare finalmente la consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita». Si tratta, come egli stesso segnala, di una citazione di
Benedetto XVI, che è opportuno riportare per esteso: «Pregare non significa uscire dalla storia e ritirarsi nell’angolo privato della propria felicità. Il giusto modo di pregare è un processo di purificazione interiore che ci fa capaci per Dio e, proprio così, anche capaci per gli uomini. Nella preghiera l’uomo deve imparare che cosa egli possa veramente chiedere a Dio – che cosa sia degno di Dio. Deve imparare che non può pregare contro l’altro. Deve imparare che non può chiedere le cose superficiali e comode che desidera al momento – la piccola speranza sbagliata che lo conduce lontano da Dio. Deve purificare i suoi desideri e le sue speranze. Deve liberarsi dalle menzogne segrete con cui inganna se stesso: Dio le scruta, e il confronto con Dio costringe l’uomo a riconoscerle pure lui» (Lett. Enc. Spe salvi, 33).