Maria, «patto della misericordia». Omelia nella solennità della Theotokos di Grottaferrata, 22 agosto 2016

22-08-2016
Lunedì scorso, 15 agosto tutta la Chiesa, nell’Oriente e nell’Occidente, ha celebrato la Santa Madre di Dio facendo memoria della sua «dormizione», come recita la liturgia orientale, e della sua «assunzione» come ripete la tradizione latina. Otto giorni dopo, in questo nostro Monastero torniamo a celebrare la Sempre Vergine, invocandola come «Theotokos di Grottaferrata»; anche questa volta la liturgia latina ci fa eco onorando oggi Maria col titolo di «regina». Un testo liturgico dice così: «Le supreme potenze dei cieli scortano il corpo purissimo che ha accolto Dio e gridano alle schiere che stanno più in alto: ecco è giunta la Madre di Dio, regina dell’universo». È bello, allora, ritrovarci in questa Basilica per celebrare con solennità la Divina Liturgia e tutti uniti lodare il Signore perché ha fatto in Maria «cose grandi» e per invocarne la materna protezione sulla comunità Monastica e su tutto il popolo fedele. Ed io, cui il Papa Francesco ha affidato la guida e il governo questo antico Cenobio, saluto tutti con grande affetto, rivolgendo un particolare pensiero di rispetto alle Autorità di Grottaferrata.
Sapete, carissimi, che già dallo scorso 8 dicembre in tutta la Chiesa cattolica stiamo celebrando un «anno santo», che si concluderà il prossimo 20 novembre. Per tutto questo tempo il Papa c’ incoraggia a guardare a Gesù Cristo, che è il «volto della Misericordia del Padre»; ci esorta a credere con fermezza che eterna è la sua misericordia e ad aprirci fiduciosi alla misericordia di Dio. Ma ci avverte pure che «la credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole» (Misericordiae Vultus n. 10). Che vuol dire questa parola: credibilità? Significa possibilità di essere creduti, capacità di ottenere fiducia, credito, stima … Se noi, discepoli di Gesù, non abbiamo un «amore misericordioso e compassionevole» non siamo credibili e la gente ha pieno diritto a ritenerci dei chiacchieroni, dei venditori di fumo.
Ma cosa vuol dire, poi, un amore «misericordioso e compassionevole»? Designa un amore che non rimane un sentimento del cuore; mi spinge, invece, a fermarmi davanti all’altro; mi chiede di guardarlo; mi domanda di piegarmi verso di lui per farmene carico e, da ultimo, di prendermi cura di lui.  Non pensiate, carissimi, che siano delle azioni facili, quelle che ho evocato con alcuni verbi. Fermarsi, ad esempio: ma come si fa, nell’epoca della fretta, della velocità, dell’efficienza? Quante cose potrebbero dirsi anche sugli altri verbi … Ve li ricordo uno ad uno, quasi a suggerire di riprenderli dopo, tornati a casa, per rifletterci su: fermarsi, guardare, piegarsi, farsi carico, prendersi cura … «Prendersi cura» di qualcuno, ad esempio è un po’ di più del chiamare un’ambulanza! Se poi volete una storia per ricordarli tutti e meglio, questi verbi, ricordate la parabola evangelica del buon samaritano.
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