06-08-2016
Nella tradizione orientale, durante le due settimane che preparano alla nostra festa dellAssunta, dall1 al 14 agosto (eccezion fatta nella festa della Trasfigurazione), si celebra lufficio della Paraclisis alla Santissima Madre di Dio. Paraclisis è una parola greca che vuol dire invocazione, supplica, consolazione. Fedele a questi significati, lufficiatura è tutta incentrata sulla ricorrente intercessione: Madre di Dio tutta santa, salvaci tu! Questa tradizione liturgica è conservata viva anche nella Basilica dellAbbazia di San Nilo, di cui il Santo Padre mi ha da tempo affidato la cura pastorale. Ma non la si usa solo in circostanze liturgiche; si ricorre, infatti, a queste implorazioni anche in altri momenti, specialmente quando si è afflitti da ansie e preoccupazioni spirituali, morali e fisiche.
In un crescendo dinvocazioni, il cuore affannato delluomo si sfoga con la Santa Madre di Dio e per fare appello al suo cuore ricorre ai più teneri titoli mariani, che si sovrappongono gli uni agli altri: madre del Verbo, sposa divina, madre degna di lode, madre del Misericordioso, genitrice delleterna redenzione, rifugio di salvezza, porto e presidio di chi invoca È un po come facciamo noi nelle litanie lauretane, ma qui le invocazione sono molto più elaborate. Sempre, però, e in ogni preghiera Maria appare qual è: Madre di Misericordia.
Fra i molti testi possibili scelgo il «canone» scritto da Teodoro Studita, un monaco bizantino vissuto tra lVIII e il IX secolo. È una preghiera molto bella, composta a tre voci. La prima è quella del supplicante, un peccatore che non riesce a rialzarsi dalla sua caduta; la seconda voce è quella di Maria, che avendo ascoltato linvocazione la rivolge al suo Figlio. Quella di Gesù, infine, è la terza voce, che replica alla Madre, mettendo ogni volta in evidenza la cattiveria del peccatore e il suo essere aggrovigliato nella colpa.
Queste voci si succedono luna allaltra, come in canone musicale, ma quella di Gesù sembra ogni volta volere chiudere il discorso sicché Maria, quasi rassegnata, comunica alluomo colpevole la sentenza di condanna. Ma poi il dialogo ricomincia: il peccatore torna a pregare la Santa Madre e questa riferisce ancora al Figlio divino, ma Egli di nuovo si nega al perdono. Così avanti per otto volte.
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In un crescendo dinvocazioni, il cuore affannato delluomo si sfoga con la Santa Madre di Dio e per fare appello al suo cuore ricorre ai più teneri titoli mariani, che si sovrappongono gli uni agli altri: madre del Verbo, sposa divina, madre degna di lode, madre del Misericordioso, genitrice delleterna redenzione, rifugio di salvezza, porto e presidio di chi invoca È un po come facciamo noi nelle litanie lauretane, ma qui le invocazione sono molto più elaborate. Sempre, però, e in ogni preghiera Maria appare qual è: Madre di Misericordia.
Fra i molti testi possibili scelgo il «canone» scritto da Teodoro Studita, un monaco bizantino vissuto tra lVIII e il IX secolo. È una preghiera molto bella, composta a tre voci. La prima è quella del supplicante, un peccatore che non riesce a rialzarsi dalla sua caduta; la seconda voce è quella di Maria, che avendo ascoltato linvocazione la rivolge al suo Figlio. Quella di Gesù, infine, è la terza voce, che replica alla Madre, mettendo ogni volta in evidenza la cattiveria del peccatore e il suo essere aggrovigliato nella colpa.
Queste voci si succedono luna allaltra, come in canone musicale, ma quella di Gesù sembra ogni volta volere chiudere il discorso sicché Maria, quasi rassegnata, comunica alluomo colpevole la sentenza di condanna. Ma poi il dialogo ricomincia: il peccatore torna a pregare la Santa Madre e questa riferisce ancora al Figlio divino, ma Egli di nuovo si nega al perdono. Così avanti per otto volte.
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