2. Abbiamo ascoltato dal Santo Vangelo la storia di un cieco nato. Gesù lo vede e per donargli la vista compie dei gesti alquanto singolari. Sembra che questa volta non gli basti la forza della parola; pare che abbia bisogno di una materia da plasmare, perché si compia una cosa nuova. Ed ecco che Gesù con la sua saliva sputata per terra fa del fango e lo spalma sugli occhi del cieco. 'Il cieco lavò il fango che gli copriva gli occhi e vide se stesso'', dirà s. Efrem (cf. Comm. sul Diatessaron XVI, 28-31). Questa frase mi sembra abbia una potenza evocativa non distante da quella che troviamo nel libro della Genesi: 'Il Signore Iddio formò l'uomo dalla povere della terra ed alitò nelle sue narici un soffio vitale e l'uomo divenne anima vivente' (Gen 2, 7).
Per il cieco, disponibile all'agire di Gesù, si compie come una nuova creazione. Egli scopre se stesso. Si compie in lui quell'atto nel quale una persona diventa consapevole di sé e perviene a se stessa; un atto che, al tempo stesso, è di autrascendimento, giacché con esso, in una qualche maniera, l'uomo supera se stesso. Agostino e Tommaso d'Aquino lo chiamavano 'raccoglimento interiore' (se ipsum in semetipsum colligere), 'restituzione di sé a se stesso' (se sibi reddere), 'ritorno in se stesso' (redire in semetipsum). È proprio questo che vive il cieco nato nell'incontro con Gesù ed è una rinascita nella luce che si compie nell'Amen conclusivo: Credo, Signore!
3. Non è, tuttavia, il cieco il vero protagonista della storia, che oggi abbiamo ascoltato. Se un uomo è giunto a vedere ed è passato dall'oscurità alla luce, Dio, invece, 'è luce e in Lui non ci sono tenebre' (1 Gv 1,5); Egli 'abita una luce inaccessibile' (1 Tm 6,16). Questa luce non ci abbaglia ma, piuttosto, ci accompagna: 'Se vado per una valle oscura non temo, perché tu sei con me'', abbiamo canto nel Salmo responsoriale (Sl 22). È una luce, che ci fa risorgere, come proclama l'apostolo san Paolo: 'Cristo ti illuminerà'' (II Lettura). Anche la prima lettura biblica ci ha rassicurato: 'Il Signore vede il cuore''. Per queste ragioni io chiamo questa non tanto Domenica 'del cieco nato', ma piuttosto la Domenica 'del Signore che vede'.
Egli ha da sempre 'occhi' per noi e il suo è uno sguardo protettivo, amorevole, misericordioso. Egli ci scruta e ci conosce, come si prega nel salmo 139. In un canto religioso, che lo parafrasa, ci sono queste frasi: 'Signore, Tu mi scruti e mi conosci; e mi segui in ogni istante, giorno e notte. Tu che penetri i pensieri di ogni uomo; Tu che illumini, o Dio, le mie vie. O Signore, Tu mi vegli nel riposo; mi accompagni nel cammino dei miei giorni. Sei di casa negli abissi del mio cuore; si è posata su di me la tua mano. Se volassi sulle ali dell'aurora; oltre il mare, ai confini della terra, come un lampo splenderebbe la Tua luce. Ogni notte è per Te come il giorno. Hai tracciato, o Signore, il mio cammino, sei presente nell'età della mia vita. Io affido ogni passo alle Tue mani, perché trovo solo in Te la mia pace'. Sono le parole di chi ha conosciuto la propria vocazione e si consegna nelle mani di Dio.
Così ha fatto Santa Maria, che ha scelto per sé il titolo di 'Serva del Signore' (cf. Lc 1, 38); così ha fatto il suo sposo castissimo san Giuseppe, cui è dedicata questa comunità parrocchiale. Senza nulla dire, egli fece la volontà del Signore (cf. Mt 1, 24; 2, 14. 21). Maria, dunque, ci mostra quanto sia importante completare con la testimonianza della parola la testimonianza della vita (cf. Apostolicam Actuositatem, 13); Giuseppe, a sua volta, ci aiuta a capire quanto sia vero ciò che scriveva sant'Ignazio d'Antiochia: 'È meglio tacere ed essere, che dire e non essere' (Agli Efesini, XV). Maria e Giuseppe sono 'servi' operosi. La 'santa Famiglia', nella quale nasce e cresce Gesù, venuto per servire e non per essere servito (cf. Mc 10, 45), è una famiglia di 'servi'.
Conoscere la propria vocazione e consegnarsi nelle mani di Dio! Anche Claudionor, in questa sua ordinazione Diaconale, si affida a Dio e si mette nelle sue mani. Il gesto che fra poco io compirò, ponendo le mie mani sul suo capo, è gesto di ordinazione e di effusione del dono spirituale, ma non sarò io a plasmare la sua nuova figura di diacono. Lo faranno le 'mani' di Dio. S. Ireneo di Lione, cui pure appartiene questa bella immagine, commentando il racconto evangelico del cieco annota che Gesù lo guarì con lo stesso gesto con cui al principio fu plasmato l'uomo e ciò per insegnarci a non cercare più nessun'altra mano, poiché ora lo sappiamo: chi ci plasmò al principio, è lo stesso che negli ultimi tempi è venuto a cercare noi, che eravamo perduti (cf. Contro le Eresie, V, 15, 2).
Anche per te, carissimo Claudionor, non c'è altra mano capace di plasmarti nella tua nuova figura di Diacono. Nelle mani del tuo Vescovo, dunque, tu porrai i tuoi impegni e la consapevolezza delle scelte fondamentali, che stai per compiere. Fra queste vorrei dare risalto, proprio perché oggi è la più contestata e meno compresa, alla scelta del sacro celibato, che tu vorrai vivere e praticare amorosamente, fedelmente, per il Regno. Nelle mani del Vescovo metterai anche l'impegno di un'obbedienza, che ti renderà libero nella dedizione al Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Tu, però, sarai plasmato Diacono dalle mani di Dio.
5. 'Nella tua luce noi vediamo la luce', preghiamo nel Salmo 35, 10. Nella luce 'sua' luce, commenta sant'Agostino, e non, invece, nella 'nostra' luce (cf. Enarr. in Ps. 143, 4: 'non in lumine nostro, sed in lumine tuo'). Entra, dunque, figlio carissimo, in questa 'luce'.
Essa è anzitutto la Parola di Dio, che in modo speciale oggi ti viene affidata e della quale sei fatto annunziatore: 'non venga mai meno in te la speranza del Vangelo, di cui sarai non solo ascoltatore, ma araldo e testimone' (dal 'Rito di Ordinazione'). L'ascolto attento e abituale della Parola di Dio, ti aiuteranno ad avere occhio lungimirante, come Samuele di cui abbiamo ascoltato nella prima lettura di questa Liturgia. Chi 'riconosce' Davide, lo sappiamo, è lo stesso che da giovinetto, nel silenzio della notte, aveva sentito e ascoltato la voce di Dio. Soprattutto gli aveva risposto: 'Parla Signore' ' (cf. 1 Sam 3, 10). Occorre ascoltare, per sapere vedere. Quando si è nella Parola di Dio, si entra pure nel suo 'occhio' e si riesce, insieme con Lui, a 'vedere il cuore'.
Entra, allora, carissimo Claudionor, nella 'luce' di Dio, che è pure la sua santa volontà: la troverai sicuramente nei doveri e negli impegni del tuo ministero diaconale, che saranno per te fonte di santificazione personale se li eserciterai con carità sincera, con rettitudine di volontà, con purezza di animo, con cuore indiviso e con animo vigilante in un servizio fedele, in una vita generosa e casta. Assumi, dunque, generosamente questi impegni e poi, insieme con tutti noi, invoca l'intercessione della Vergine Santa, di san Giuseppe e di tutti i santi.
Pavona di Albano, Parrocchia di San Giuseppe Sposo di Maria Vergine
1 marzo 2008, Domenica IV di Quaresima, Laetare.