Omelia nella messa del mercoledì delle ceneri, 5 marzo 2014

05-03-2014

Sono tre le opere penitenziali caratteristiche del tempo della Quaresima, che oggi inizia col rito dell'imposizione delle «ceneri». Si tratta dell'elemosina, della preghiera e del digiuno. Le abbiamo sentite enucleate nel racconto del Vangelo: quando fai l'elemosina, la tua sinistra non sappia ciò che fa la destra; quando preghi, entra nella tua camera; quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto '

I testi liturgici, però, di opere ne accentuano una in particolare, che sembra comprendere tutte le altre perché collocata in una posizione di maggiore profondità. È il digiuno. Abbiamo pregato nella colletta: concedici «di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione». Diremo nel Prefazio: «Con il digiuno quaresimale tu vinci le nostre passioni '». Dopo la comunione diremo ancora: «questo sacramento ' santifichi il nostro digiuno e lo renda efficace per la guarigione del nostro spirito». Questa insistenza può lasciarci intendere che il «digiuno», di cui qui si tratta è qualcosa di diverso e anche di più impegnativo del semplice astenersi dal cibo.

È un digiuno che guarisce. Da cosa? Forse da quella voracità,ch'è uno dei nostri primordiali istinti. Quando eravamo bambini cercavamo di mettere in bocca di tutto e i nostri genitori dovevano stare molto attenti perché non avvenisse e ci facessimo del male. Il primo peccato, d'altronde, non fu proprio la rottura di un digiuno da parte dei progenitori nel paradiso terrestre? La voracità, è alla radice di ogni altro peccato e qualsivoglia peccato è, d'altra parte, un'espressione della voracità.

Pecchiamo 'diciamo nel confiteor ' in «pensieri, parole, opere '». C'è, infatti, la voracità del pensiero, invadente nella curiosità morbosa della nostra società mediatica. C'è la voracità delle immagini, che c'invadono da ogni parte e prepotentemente ci riempiono. C'è la voracità delle parole: false, volgari, pettegole, ambigue, urlate ' Ed è così che pecchiamo anche di «omissione», perché in tanta voracità omettiamo il pudore, il silenzio, la discrezione.

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