Omelia nella messa del mercoledì delle ceneri, 9 marzo 2011

09-03-2011

Nel ciclo annuale dell'anno liturgico è tornato il tempo della Quaresima. Un tempo che, ripetendo un'espressione di San Paolo (il quale a sua volta la riprende dalle profezie d'Isaia), possiamo ben ritenere un «momento propizio»: tempus acceptabile, traduce la versione latina. È tale, perché ha a che fare con la nostra salvezza. Per noi, dunque, è importante non lasciarlo trascorrere invano.

La singolarità di questo tempo, che si estende per quaranta giorni ' da oggi sino alla Messa nella Cena del Signore ' è sempre stata messa in evidenza nella vita della Chiesa. Sollemne tempus, lo chiama spesso Sant'Agostino ricorrendo ad una espressione con cui non s'indica tanto una solennità esteriore, quanto piuttosto un «tempo santo». San Paolo insiste: «ecco ora il giorno della salvezza». Vorrei pure descriverlo, questo tempo, facendo ricorso a un'espressione che, per quanto ne sappia, è unica nel suo genere. Ricorre, infatti, una sola volta nella patrologia latina e si legge in un sermone di San Massimo di Torino, un vescovo vissuto nel IV secolo e già discepolo di Sant'Ambrogio. Egli denomina la Quaresima come medicabile tempus, tempo per la cura e per la guarigione. «È giunto ' dice ' il tempo venerabile e adatto per la medicina; tempo nel quale noi, mediante il digiuno, dobbiamo curare le ferite dei nostri peccati» (Sermo XXI. De quadragesima VIII: PL 57, 575).

Vorremo, allora, soffermarci qualche istante, fratelli e sorelle carissimi, su questa funzione medicinale del digiuno quaresimale. La Liturgia c'insegna che col digiuno il Signore vince le nostre passioni, eleva il nostro spirito e ci infonde la forza (cfr. Prefazio IV di Quaresima). Chi, infatti, è all'opera non è un medico umano, ma proprio il medico celeste. È Gesù, il «medico carnale e spirituale» come lo chiamava Sant'Ignazio (Agli Efesini, 7, 2); totus medicus vulnerum nostrorum come lo indica Sant'Agostino («il medico integrale per le nostre ferite»: In Jo. ev. tract. III, 3: PL 35, 1397).

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