Omelia nella notte di Natale, Pavona di Albano – 25 dicembre 2011

25-12-2011

1. Celebriamo la Messa del Santo Natale con un certo disagio: è una notte piovigginosa, questa; fa anche un po' freddo e la chiesa che ci accoglie è ancora incompleta, non arredata, riscaldata solo dalla nostra presenza. Ciononostante vegliamo con una grande gioia nel cuore perché vediamo che ormai il più è fatto, nella costruzione di questo tempio voluto per accogliere le famiglie e i fedeli di questa comunità parrocchiale.

La pena per le difficoltà e i problemi, che normalmente intervengono in imprese come queste, soprattutto se condotte in momenti non facili per le ben note difficoltà economiche, adesso lasciano il posto alla consolazione di poter dire: questa è la nostra chiesa; qui, fra non molto, verremo per lodare il Signore, per ricevere i doni della sua Parola, dei suoi Sacramenti e specialmente della Santa Eucaristia. Qui ' quasi mi pare sentirvi dire ' c'incontreremo nel Giorno del Signore ' la Domenica ' per ritrovarci nell'unica famiglia dei figli di Dio; qui verremo per stare insieme come fratelli e sorelle, qui verranno i nostri figli per l'educazione alla vita di fede.

Qui ciascuno di voi potrà dire: sono a casa mia; è la mia chiesa! Proprio per anticiparvi questa gioia il Vescovo è venuto a fare Natale insieme con voi. Qui, adesso, tutti noi accogliamo l'annuncio dell'Angelo ai pastori che, pernottando all'aperto nella regione di Betlemme, facevano la guardia al loro gregge: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore».

 

2. La vostra parrocchia è dedicata a San Giuseppe, lo sposo della vergine Maria. Dopo la menzione dei grandi della terra- di Cesare Augusto e del governatore Quirinio ' il racconto del Vangelo ha messo sulla scena proprio lui come primo «povero»; Giuseppe, l'uomo «giusto» che si è fidato di Dio. Con lui c'è Maria, la sua sposa. Giuseppe, infatti, secondo la parola di Dio l'ha presa con sé e ora ha cura di lei. Non l'ha lasciata a Nazareth, ma - per quanto la legge non glielo imponesse - l'ha portata con sé perché è incinta. A Betlemme, difatti, si compirono i giorni del suo parto ed ella «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia».

Dev'essere qualcosa d'importante, questa mangiatoia, se questa notte durante il racconto di San Luca l'abbiamo udita menzionare due volte. È il luogo dove normalmente si depone il nutrimento per gli animali e l'evangelista scrive che proprio lì fu «posto» Gesù. È deposto in una mangiatoia quasi fosse cibo pronto per essere mangiato. Dirà san Beda: «Lui che è il pane degli angeli, è deposto nella mangiatoia, perché noi, quasi fossimo dei santi animali, potessimo ristorarci col fieno della sua carne» (In Evang. S. Lucae I, 2: PL 92, 331).

...

“”