Omelia nella solennità del Corpo e Sangue del Signore, 3 giugno 2010

03-06-2010

Il nome di questa solennità liturgica pone al centro della nostra considerazione gli elementi naturali, scelti da Gesù per lasciarci i segni della sua presenza nel tempo che intercorre fra la sua Pasqua e il suo ritorno nella gloria, alla fine dei tempi: l'azione misteriosa dello Spirito Santo, invocato dalla Chiesa nella memoria di quanto il Signore fece e disse nell'Ultima Cena, trasforma il pane e il vino, portati all'altare, nel suo Corpo e nel suo Sangue. Sono i segni di un cibo e l'altare su cui sono deposti ha la forma di una mensa: O sacrum convivium, 'Oh sacro convito!' esclamerà il maestro e dottore di questa festa eucaristica, San Tommaso d'Aquino, il quale, facendo eco al versetto di un Salmo, spiega che il 'pane degli angeli' si è fatto pane per tutti noi, ancora pellegrini sulla terra: Ecce panis angelorum factus cibus viatorum (cf. Sl 78, 24-25).

Mirabile mistero. Per essere desiderato dall'uomo ' commenta un autore ' il Signore si è fatto cibo; ha preso, cioè, la forma di un suo bisogno primario (S. Fausti). Avere bisogno di alimentarsi e non sentirne il desiderio o, peggio, avvertire persino la repulsione per gli alimenti, è segno di malattia. Se questo è nell'organismo fisico, analogamente accade nella vita spirituale, quando un cristiano non avverte più il bisogno dell'Eucaristia. Comincia allora a venir meno la forza e aumenta la debolezza, si allenta gradualmente l'amicizia col Signore e insorge l'indifferenza sicché prende sempre più spazio il peccato. Nutrirsi frequentemente del cibo eucaristico, al contrario, irrobustisce la vita cristiana e dona vigore all'anima.

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