Uomo di silenzio, operoso e fedele

Solennità di san Giuseppe – Liturgia esequiale per il p. G. Zane F.N
19-03-2019

1. «Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48): è l’unico passaggio in cui il racconto della perdita di Gesù e del suo ritrovamento nel Tempio rimanda esplicitamente a Giuseppe, il santo sposo della Vergine Maria che oggi celebriamo. Anch’egli, certo, come Maria rimane ignaro dell’assenza di Gesù dalla comitiva che rientra a Nazaret; pure sappiamo che come lei è angosciato e con Maria si pone alla ricerca di Gesù. Torna a Gerusalemme e lì, stupito e meravigliato come la sua sposa, lo trova nel tempio: «dopo tre giorni» e per Giuseppe è l’unica volta; per la sua sposa, invece, l’esperienza della mancanza di Gesù per tre giorni si ripeterà, dolorosa, un bel po’ di pasque in avanti. Tutte queste cose le apprendiamo dal racconto; Giuseppe, però, tace.

Nella storia che abbiamo ascoltato, infatti, è sempre e solo Maria a parlare. Giuseppe, invece, rimane nel silenzio. Come sempre, del resto, perché questa è una sua caratteristica. Giuseppe è uomo di silenzio. Il p. Anastasio Ballestrero, un carmelitano che fu arcivescovo prima a Bari e poi a Torino, osservava argutamente che se il Signore avesse assegnato a noi il compito che affidò a Giuseppe, chissà quanto chiasso avremmo fatto; magari complicando la vita nostra e quella degli altri. «Giuseppe, invece, – egli diceva – ha custodito la santità di Gesù e di Maria scomparendo agli sguardo di tutti, fuorché i loro». Annotazione davvero profonda: Giuseppe, un uomo qualunque per tutti, ma non per Gesù e Maria.

Una seconda caratteristica di san Giuseppe è l’operosità. Di lui non si dice che era di alta, o bassa statura, robusto ecc., ma soltanto che era falegname. Téktón, scrive in greco il vangelo, che nel latino è tradotto con faber: il che potrebbe indicare molti mestieri, come il muratore, il carpentiere … un artigiano, comunque, e un operaio dalle mille risorse. Capace di far tutto e di farlo bene. A tal punto Giuseppe era operoso.