Al di là di ogni merito e di ogni paura. Omelia nel pellegrinaggio giubilare del Vicariato di Anzio, 8 ottobre 2016

08-10-2016

Al di là di ogni merito e di ogni paura
Omelia nel pellegrinaggio giubilare del Vicariato di Anzio
Gal 3, 22-29
Lc 11, 27-28


 

1. «Beati quelli che ascoltano…». Certo che la donna di cui narra il vangelo ce l’ha messa tutta: nella voce, perché la alza; nell’ammirazione, perché proclama una beatitudine; nella tenerezza, perché evoca uno dei gesti più commoventi della maternità: l’allattamento al seno. Eppure Gesù dice che l’ascolto è di più. Egli contesta il primato della parola e afferma quello dell’ascolto. A noi che pensiamo che tutto cominci col parlare, Gesù dice che tutto, invece, comincia con l’ascoltare.

Oggi, però, noi pensiamo di fare comunicazione solo parlando. Quanto attuale, invece, è la sentenza che Eraclito pronunciava cinque secoli prima di Cristo: «Non sapendo ascoltare, non sanno neanche parlare» (ed. F. Fronterotta, Fram. 1c). Per dire delle cose sensate, bisogna cominciare dall’ascolto. Ma cosa significa? Anzitutto accogliere, conservare, custodire… come la terra custodisce il seme; come una madre la vita nascente.

Ascoltare è un atto generativo. Un testo di sapienza orientale, antico di duemila anni, dice: «Parlare è un mezzo per esprimere se stessi agli altri, ascoltare è un mezzo per accogliere gli altri in se stessi» (dal Wen Tzu). Accogliere con lo stesso amore, la stessa cura e la stessa premura di una mamma quando porta il suo bambino. Per questo anche Gesù fa il parallelo tra l’ascoltare e il portare nel grembo.

Tutto è ancora più vero quando parliamo di fede e di preghiera… Ascolta, Israele leggiamo nella Bibbia (Deut 6,4); la fede nasce dall’ascolto, echeggia san Paolo (Rom 10,17). Anche san Giovanni comincia così: «quello che noi abbiamo ascoltato...» (1Gv 1,1) e l’angelo dell’Apocalisse avverte: «Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convertiti» (3, 3). Pure nel racconto evangelico di oggi, Gesù non contesta sua Madre, ma ci apre al senso profondo della sua maternità. Lo intuì bene Agostino: «Maria fu beata, poiché ascoltò la parola di Dio e la mise in pratica. Custodì la verità nella mente più che la carne nel ventre. La verità è Cristo, la carne è Cristo: Cristo verità nella mente di Maria, Cristo carne nel ventre di Maria; vale più ciò che è nella mente anziché ciò che si porta nel ventre» (Sermone 72/A, 7: Misc. Agost. 1, 162; cf. PL 46, 937).
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