Omelia in occasione del Santo Natale, 25 dicembre 2004

25-12-2004

Celebriamo la Veglia del Natale in una notte pervasa di luce. Natale è come la Pasqua, è illuminato la stessa Luce di salvezza. « Quelli che camminavano nell'ombra della morte hanno visto una grande luce ». Abbiamo appena ascoltato, nella proclamazione del Vangelo secondo Luca, un racconto nel quale ciascuno di noi deve entrare come attore, come protagonista. In questa scena del Natale, è vero, ci sono già dei personaggi; vuol dire che abbiamo dei modelli cui guardare. Possiamo, dunque, imitare Maria, che in sé porta la Vita e la dona; possiamo essere come Giuseppe, il sognatore che vede realizzate le sue speranze, o come i Pastori, prima timorosi e poi confortati. Ciascuno di noi può trovare il posto in questo racconto. Guardando al nostro tradizionale presepio, ciascuno può trovare la sua collocazione in questa scena.

 

Si ritiene che il primo inventore del presepio sia stato Francesco di Assisi, il quale a Greccio quasi ricompose il racconto, che questa sera abbiamo ascoltato. Dopo averlo fatto, racconta il suo biografo Tommaso da Celano, rivestito dei paramenti diaconali Francesco si mise a cantare il santo Vangelo con la sua voce forte e dolce, limpida e sonora, con lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile (cf. FF 85-86). Questa gioia di Francesco può diventare la nostra gioia, perché il presepio non traduce una nostra immaginazione, o una nostra fantasia, ma realizza il pensiero di Dio.

 

È apparsa la benignità, l'umanità di Dio. Abbiamo ascoltato con quali di nomi di superbia e con quali toni di magniloquenza ha avuto inizio la proclamzione del brano del Vangelo. Sono stati ricordati nomi che sono scritti nei nostri libri di storia. Sono nomi di conquistatori di terre, come Cesare 'Augusto'. Sappiamo bene cosa significa questo appellativo: 'augusto'. Il termine deriva dal verbo latino augere, che letteralmente significa 'aumentare', 'crescere'. Augusto è colui che è cresciuto in una forma smisurata, colui che è diventato grande. In contrapposizione c'è la figura di chi si è fatto piccolo; quella di chi pur essendo nella forma di Dio, ha assunto la forma dell'uomo (cf. Fil 2, 6-7).
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