Omelia nella Giornata Sacerdotale

per l'inizio del nuovo anno pastorale
05-10-2009

La 'giornata sacerdotale', che viviamo per dare inizio ufficiale ad un nuovo anno pastorale, ha il suo momento più alto nella concelebrazione di questa Santa Messa. Per noi sacerdoti l'Eucaristia è addirittura un luogo nativo. 'Nell'Ultima Cena siamo nati come sacerdoti', scriveva Giovanni Paolo II nella Lettera per il Giovedì Santo 2004. Proseguiva così: 'Siamo nati dall'Eucaristia. Quanto affermiamo della Chiesa intera, che cioè «de Eucharistia vivit»' possiamo ben dirlo del Sacerdozio ministeriale: esso trae origine, vive, opera e porta frutto «de Eucharistia»'.

Il Card. A. Vanhoye, che torno a ringraziare anche a nome di tutti noi, ci ha commentato i passi della Lettera agli Ebrei dove si tratta di Gesù, Sommo Sacerdote misericordioso e degno di fede. Egli ha esordito richiamando la dottrina cattolica e cioè che, in virtù del sacramento dell'ordine, tutti noi, ad immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote (cfr. Eb 5,1-10; 7,24; 9,11-28), siamo consacrati per predicare il Vangelo, per essere i pastori fedeli e per celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento (cf. Lumen Gentium, n. 28). Sulla predicazione del Vangelo, allora, vorrei soffermarmi in particolare, anche perché oggi noi celebriamo la memoria di San Girolamo, che il Messale Romano ci presenta come sacerdote e dottore della Chiesa.

Egli, effettivamente, accettò di essere ordinato presbitero dal vescovo di Antiochia Paolino a condizione, però, di conservare la propria indipendenza come monaco (cf. Contra Joannem Hierolymitanum, 41: PL 23, 392). Sotto questo punto di vista, a dire il vero, in una 'giornata sacerdotale' come quella che viviamo non mi sentirei di proporvelo come modello da seguire! Erano altri tempi, in verità, e in qualche modo si insistette un po' su di lui, perché alla fine si lasciasse ordinare. Onoriamolo piuttosto specialmente come Dottore della Chiesa, perché non soltanto egli amò il testo biblico, di cui curò la traduzione dall'ebraico-greco al latino nella famosissima Biblia vulgata, ma pure perché seppe instillare nei suoi discepoli il dovere della massima cura e della più grande devozione verso la Sacra Scrittura (cf. G. I. Gargano, Il sapore dei Padri della Chiesa nell'esegesi biblica, San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi] 2009, p. 229).
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