Omelia nella solennità del Corpus Domini, 26 maggio 2005

BASILICA CATTEDRALE DI ALBANO ' 26 MAGGIO 2005
26-05-2005

Carissimi sacerdoti e diaconi, che rivedo con grande e intima gioia

Onorevoli Autorità civili e militari di Albano e Castel Gandolfo, che saluto con rispetto

Carissimi fratelli e sorelle di vita consacrata e voi tutti, fedeli laici, cui Gesù dona la sua pace

 

Celebriamo oggi tutti insieme la solennità del Corpo e Sangue del Signore. Poco fa, nella proclamazione della prima lettura abbiamo ascoltato queste parole del Deuteronomio: Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricordati''. Sono parole certamente importanti perché la memoria, il ricordare è la facoltà che ci permette di dialogare con se stessi e con gli altri, con la propria storia personale e con la propria storia comunitaria. Ricordare vuol dire sapersi collocare nello spazio e nel tempo, significa essere consapevoli della propria identità. 'L'uomo è nato per ricordare', scriveva H. Böll e la memoria è necessaria per vivere pienamente. Ricordare è pure una proprietà indispensabile per aprirsi al nuovo, allo straniero, a chi è diverso per un confronto possibilmente costruttivo. Ciò vale non soltanto per ogni singola persona, ma anche per un popolo il quale può sì vivere perfino senza una terra, ma non senza memoria.

 

È stato così anche per il popolo ebreo, riguardo al 'sabato', che per il popolo ebreo è la memoria del riposo di Dio, la cui opera della creazione continua a essere efficace nella storia. Per questo Israele deve ricordare il sabato (cfr. Es 20, 8-11). Considerando retrospettivamente la storia della diaspora ebraica Asher Ginsberg (1856-1927), figura centrale del movimento sionista, ha affermato che 'non è tanto Israele che ha custodito il sabato, ma è il sabato che ha custodito Israele'. Intendeva dire che la memoria del sabato ha custodito l'identità d'Israele e lo ha preservato dall'assimilazione fra le genti. In effetti, un popolo per vivere e per avere speranza ha sempre bisogno di una memoria collettiva, che tramandando i ricordi e narrando le storie dia ragione e giustificazione all'esistenza. Così il ricordo diventa rito, celebrazione, festa, culto (dal lat. colere, coltivare), ossia spazio dove la vita è coltivata e rimane coltivabile. Viceversa, come dicevano gli antichi asceti, 'il più grande dei peccati è l'oblio', dal quale viene pure l'idolatria.

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