Omelia nell’anniversario della Dedicazione della Basilica Cattedrale e per l’inizio del ministero del nuovo Parroco.

09-01-2002

OMELIA

NELL'ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE DELLA BASILICA CATTEDRALE

E PER L'INIZIO DEL MINISTERO DEL NUOVO PARROCO

1Re 8, 22-23.27-30

Gv 21, 15-19

1. Hic est domus Dei. Quest'espressione, tanto famosa e molto spesso ripetuta, ebbi modo di leggerla per la prima volta da adolescente, su una porta d'accesso alla Cappella dell'antico seminario dov'ero alunno. Conoscevo appena il latino, ma sufficientemente per tradurla: 'Qui è la casa di Dio'. Più tardi avrei imparato che si tratta dell'esclamazione di Giacobbe, stupito e timoroso dopo il risveglio dal suo sogno in Bethel (cfr Gen 28, 17). Hic est domus Dei. Scritta per designare la singolarità di un edificio sacro e per distinguerlo da ogni altra costruzione, questa frase mi è tornata più volte alla mente, mentre ascoltavo con voi la prima lettura biblica. Questa è casa di Dio. È di Dio e tanto basta per conservare in noi il senso della trascendenza e per farci ripetere, increduli come Salomone: 'Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti''. Eppure, rimane pur sempre una casa. Quest'altra parola, diversamente dalla prima, rievoca in noi il senso delle cose vicine, famigliari, accessibili, alla portata di mano. Anzi, diciamo 'casa' e depositiamo in questo termine, come in un nido, le nostre memorie più belle, più care, i ricordi più intimi e personali. Anche la nostra Cattedrale, di cui oggi celebriamo l'anniversario della Dedicazione, è una casa costruita per raccoglierci e per fare di noi, almeno durante la preghiera, 'un cuor solo e un'anima sola' (cfr At 4, 32).

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