Venerdì della II settimana
«Costui è l’erede. Su, uccidiamolo» (Mt 21, 38)
«La liturgia di questa domenica ci propone la parabola dei vignaioli, ai quali il padrone affida la vigna che aveva piantato e poi se ne va (cfr Mt 21,33-43). Così viene messa alla prova la lealtà di questi vignaioli: la vigna è affidata loro, che devono custodirla, farla fruttificare e consegnare al padrone il raccolto. Giunto il tempo della vendemmia, il padrone manda i suoi servi a raccogliere i frutti. Ma i vignaioli assumono un atteggiamento possessivo: non si considerano semplici gestori, bensì proprietari, e si rifiutano di consegnare il raccolto. Maltrattano i servi, al punto di ucciderli. Il padrone si mostra paziente con loro: manda altri servi, più numerosi dei primi, ma il risultato è lo stesso. Alla fine, con sua pazienza, decide di mandare il proprio figlio; ma quei vignaioli, prigionieri del loro comportamento possessivo, uccidono anche il figlio pensando che così avrebbero avuto l’eredità. Questo racconto illustra in maniera allegorica quei rimproveri che i Profeti avevano detto sulla storia di Israele. È una storia che ci appartiene: si parla dell’alleanza che Dio ha voluto stabilire con l’umanità ed alla quale ha chiamato anche noi a partecipare. Questa storia di alleanza però, come ogni storia di amore, conosce i suoi momenti positivi ma è segnata anche da tradimenti e da rifiuti. Per far capire come Dio Padre risponde ai rifiuti opposti al suo amore e alla sua proposta di alleanza, il brano evangelico pone sulle labbra del padrone della vigna una domanda: «Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?» (v. 40). Questa domanda sottolinea che la delusione di Dio per il comportamento malvagio degli uomini non è l’ultima parola! È qui la grande novità del Cristianesimo: un Dio che, pur deluso dai nostri sbagli e dai nostri peccati, non viene meno alla sua parola, non si ferma e soprattutto non si vendica!Fratelli e sorelle, Dio non si vendica! Dio ama, non si vendica, ci aspetta per perdonarci, per abbracciarci. Attraverso le “pietre di scarto” – e Cristo è la prima pietra che i costruttori hanno scartato – attraverso situazioni di debolezza e di peccato, Dio continua a mettere in circolazione il «vino nuovo» della sua vigna, cioè la misericordia; questo è il vino nuovo della vigna del Signore: la misericordia. C’è un solo impedimento di fronte alla volontà tenace e tenera di Dio: la nostra arroganza e la nostra presunzione, che diventa talvolta anche violenza! Di fronte a questi atteggiamenti e dove non si producono frutti, la Parola di Dio conserva tutta la sua forza di rimprovero e di ammonimento: «a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (v. 43).L’urgenza di rispondere con frutti di bene alla chiamata del Signore, che ci chiama a diventare sua vigna, ci aiuta a capire che cosa c’è di nuovo e di originale nella fede cristiana. Essa non è tanto la somma di precetti e di norme morali, ma è prima di tutto una proposta di amore che Dio, attraverso Gesù, ha fatto e continua a fare all’umanità. È un invito a entrare in questa storia di amore, diventando una vigna vivace e aperta, ricca di frutti e di speranza per tutti. Una vigna chiusa può diventare selvatica e produrre uva selvatica. Siamo chiamati ad uscire dalla vigna per metterci a servizio dei fratelli che non sono con noi, per scuoterci a vicenda e incoraggiarci, per ricordarci di dover essere vigna del Signore in ogni ambiente, anche quelli più lontani e disagevoli» (Francesco, Angelus, 8 ottobre 2017).