sabato della II settimana di Pasqua
Gv 6, 16-21
La gente che aveva ascoltato Gesù durante tutta la giornata, e poi aveva avuto questa grazia della moltiplicazione dei pani e aveva visto il potere di Gesù, voleva farlo re. Andarono prima da Gesù per ascoltare la parola e anche per chiedere la guarigione degli ammalati. Rimasero tutta la giornata ascoltando Gesù senza annoiarsi, senza stancarsi: erano lì, felici. Quando poi hanno visto che Gesù dava loro da mangiare, cosa che loro non aspettavano, hanno pensato: “Ma questo sarebbe un buon governante per noi e sicuramente sarà capace di liberarci dal potere dei Romani e portare il Paese avanti”. E si sono entusiasmati per farlo re. La loro intenzione è cambiata, perché hanno visto e hanno pensato: “Bene… perché una persona che fa questo miracolo, che dà da mangiare al popolo, può essere un buon governante” (cfr Gv 6,1-15). Ma avevano dimenticato in quel momento l’entusiasmo che la parola di Gesù faceva nascere nei loro cuori.
Gesù si allontanò e andò a pregare (cfr v. 15). Quella gente è rimasta lì e il giorno dopo cercava Gesù, “perché deve essere qui” dicevano, perché avevano visto che non era salito sulla barca con gli altri. E c’era una barca lì, è rimasta lì… (cfr Gv 6, 22-24). Ma non sapevano che Gesù aveva raggiunto gli altri camminando sulle acque (cfr vv. 16-21). Così si sono decisi ad andare dall’altra parte del mare di Tiberiade a cercare Gesù e, quando lo hanno visto, la prima parola che gli dicono a lui è: «Rabbì, quando sei venuto qua?» (v. 25), come dicendo: “Non capiamo, questo sembra una cosa strana”.
E Gesù fa tornare loro al primo sentimento, a quello che avevano prima della moltiplicazione dei pani, quando ascoltavano la parola di Dio: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni – come all’inizio, i segni della parola, che li entusiasmavano, i segni della guarigione – non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (v. 26). Gesù svela la loro intenzione e dice: “Ma è così, avete cambiato atteggiamento”. E loro, invece di giustificarsi: “No, Signore, no…”, sono stati umili. Gesù continua: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo» (v. 27). E loro, buoni, dissero: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?» (v. 28). “Che crediate nel Figlio di Dio” (cfr v. 29). Questo è un caso nel quale Gesù corregge l’atteggiamento delle persone, della folla, perché a metà cammino si era un po’ allontanata dal primo momento, dalla prima consolazione spirituale e aveva preso una strada che non era giusta, una strada più mondana che evangelica.
Questo ci fa pensare che tante volte noi nella vita incominciamo una strada alla sequela di Gesù, dietro Gesù, con i valori del Vangelo, e a metà strada ci viene un’altra idea, vediamo qualche segnale e ci allontaniamo e ci conformiamo con una cosa più temporale, più materiale, più mondana – può darsi – e perdiamo la memoria di quel primo entusiasmo che abbiamo avuto quando sentivamo parlare Gesù. Il Signore fa tornare sempre al primo incontro, al primo momento nel quale Lui ci ha guardato, ci ha parlato e ha fatto nascere dentro di noi la voglia di seguirlo. Questa è una grazia da chiedere al Signore, perché noi nella vita sempre avremo questa tentazione di allontanarci perché vediamo un’altra cosa: “Ma quello andrà bene, ma quell’idea è buona…”. Ci allontaniamo. La grazia di tornare sempre alla prima chiamata, al primo momento: non dimenticare, non dimenticare la mia storia, quando Gesù mi ha guardato con amore e mi ha detto: “Questa è la tua strada”; quando Gesù tramite tanta gente mi ha fatto capire qual era la strada del Vangelo e non altre strade un po’ mondane, con altri valori. Tornare al primo incontro.
A me sempre ha colpito che – tra le cose che Gesù dice nella mattina della Risurrezione – afferma: “Andate dai miei discepoli e ditegli che vadano in Galilea, lì mi troveranno” (cfr Mt 28,10), Galilea era il posto del primo incontro. Lì avevano incontrato Gesù. Ognuno di noi ha la propria “Galilea” dentro, il proprio momento nel quale Gesù si è avvicinato e ci ha detto: “Seguimi”. Nella vita succede questo che è successo a questa gente – buona, perché poi gli dice: “Ma cosa dobbiamo fare?”, subito loro hanno obbedito – succede che ci allontaniamo e cerchiamo altri valori, altre ermeneutiche, altre cose, e perdiamo la freschezza della prima chiamata. L’autore della lettera agli Ebrei ci rimanda anche a questo: “Ricordatevi i primi giorni” (cfr Eb 10,32). La memoria, la memoria del primo incontro, la memoria della “mia Galilea”, quando il Signore mi guardò con amore e mi ha detto: “Seguimi”.
(Francesco, Omelia Santa Marta, 27 aprile 2020)