CUSTODIRE IL MISTERO
CON VIGILE AMORE
Lettera ai Presbiteri sulla formazione permanente
Miei carissimi sacerdoti,
desidero intrattenermi con voi sul tema della formazione permanente. Non è un argomento del tutto nuovo, giacché di essa, insieme coi suoi metodi e contenuti, si parla da molto tempo. L’espressione risale agli anni ’60 ed è impiegata per indicare un processo formativo, che non ha mai termine poiché si sviluppa per l’intero arco dell’esistenza. La formazione permanente è talmente acquisita in ambito professionale da essere ritenuta, secondo una definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un imperativo morale.
Di formazione permanente se ne parla anche riguardo a noi sacerdoti. L’esortazione apostolica Pastores dabo vobis, pubblicata nel 1992, le riserva il capitolo sesto, da cui ho desunto l’espressione custodire il mistero con vigile amore, scelta per dare un titolo a questa mia Lettera riservata ai sacerdoti del presbiterio diocesano, ma consegnata anche ai nostri giovani seminaristi e offerta pure ai fratelli che vivono il loro sacerdozio nella vita consacrata.
Un’immagine mi torna spontanea alla mente ed è quella di una madre che, avendo scoperto la presenza in sé del mistero della vita, incrocia stupita e commossa le mani sul proprio grembo in un gesto che è di custodia, d’attesa, di raccoglimento, di gioia interiore. Ricordo così raffigurata dal Beato Angelico la Vergine Maria, nel momento in cui l’Angelo le annuncia l’opera formatrice dello Spirito. In quel momento, la predestinata madre (cfr. Lumen Gentium, 56) comincia ad essere madre e continuerà a divenirlo di mistero in mistero. Nazareth, Betlemme, la fuga in Egitto e ancora Nazareth per circa trent’anni, il Tempio di Gerusalemme con la profezia di Simeone prima e lo smarrimento e ritrovamento di Gesù poi, Cana di Galilea, la domanda del Figlio: ‘chi è mia madre?’, lo stare sotto la Croce e il perseverare nel cenacolo quale prima Chiesa invocante lo Spirito…
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