lunedì – della XXXI settimana del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti» (Lc 14, 12-14).
Al discorso di ammonimento rivolto agli ospiti – vedi brano precedente – Gesù fa seguire un analogo ammonimento a colui che ha offerto il pranzo. Anche questa volta, Gesù trasforma dei dati della vita ordinaria in esempi di comportamenti religiosi e morali. Se si invitano gli amici, i parenti, i ricchi vicini, ci si aspetta che essi ricambino l’invito. Questo viene indicato da Gesù come esempio di un comportamento egoistico, mascherato di amore, in quanto è un comportamento interessato che prevede una ricompensa. Chiaro: Gesù non vuole dire che è male invitare gli amici, i parenti ecc. Prende questo comportamento solo come esempio. Come esempio del vero amore, invece, Gesù presenta l’invito rivolto “ai poveri, agli storpi, agli zoppi e ai ciechi”, i quali non potranno ricambiare l’invito. Allora, se li hai invitati, lo hai fatto per amore puro, disinteressato e gratuito. Da notare che questo elenco di persone miserabili non lo crea artificiosamente Gesù: al suo tempo e al tempo di Luca, la società greco romana respingeva con disprezzo queste categorie disgraziate. La regola di una setta religiosa del tempo, per esempio, escludeva dal banchetto escatologico “chiunque è colpito nella sua carne, paralizzato ai piedi o alle mani, zoppo o cieco…” e simili. Il versetto finale chiarisce perfettamente il senso religioso del pensiero di Gesù: nella risurrezione, chi opera in questo modo sarà enumerato tra i giusti. Sintetizzando potremmo dire: l’amore disinteressato e gratuito è alla base dell’insegnamento evangelico e deve essere il presupposto della vita di un discepolo di Gesù. Quindi anche della mia vita. Lo posso affermare senza arrossire?
A cura di Don Gian Franco Poli