mercoledì – San Bernardo abate e dottore della Chiesa
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi» (Mt 20, 1-16).
Gesù introduce la parabola dicendo: «Il regno dei cieli è simile…»: ciò che segue non descrive un’azienda agricola ideale, ma il modo di agire di Dio. Il “padrone” rappresenta Dio; la vigna è il popolo di Dio (cf. Is 5), e gli operai sono coloro che Egli chiama a partecipare alla sua opera. Secondo la logica umana, chi lavora di più dovrebbe ricevere di più. Ma il padrone agisce secondo una logica diversa: dona a tutti lo stesso. Il punto della parabola non è il “lavoro” svolto, ma la generosità del padrone. Dio non distribuisce secondo meriti contrattuali, ma secondo la logica della grazia, che spezza le nostre misure. I primi operai protestano: «noi abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». La loro è una giustizia contrattuale, calcolata. Ma ciò che li scandalizza non è l’ingiustizia, bensì la bontà del padrone verso gli altri. È la logica dell’invidia: “non sopporto che tu sia buono con altri, se io non ne ho un vantaggio maggiore”. «Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi»
È un rovesciamento evangelico: nel Regno, non conta la quantità di tempo o di opere, ma l’accoglienza della chiamata e la fiducia nel Donatore. Dio chiama tutti, in ogni momento della vita: nessuno è escluso. Anche chi arriva tardi può ricevere pienezza di vita. Il dono della salvezza è gratuito, non “guadagnato” come una paga. È un dono immeritato, sempre. Il vero problema non è l’ingiustizia di Dio, ma l’invidia del cuore umano, che fatica a gioire del bene degli altri. Questa parabola ci invita a rivedere il nostro concetto di giustizia, aprendoci alla logica della misericordia, che ci spiazza ma ci salva (Don Gian Franco Poli).