martedì della quarta settimana di pasqua
«Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10, 22-30).
Il brano è uno dei testi più significativi in cui Gesù rivela la sua identità divina e il suo rapporto unico con il Padre. Ecco un commento versetto per versetto con approfondimenti teologici e spirituali. La festa della Dedicazione commemorava la purificazione del Tempio dopo la profanazione da parte dei greci (circa 165 a.C.). È un contesto fortemente simbolico: si parla di luce, di consacrazione, di fedeltà a Dio. Gesù, la “luce del mondo”, è qui nel Tempio, camminando sotto il portico di Salomone, un luogo dove i maestri insegnavano. C’è una tensione crescente. La domanda sembra sincera, ma in realtà è provocatoria: vogliono una dichiarazione che possano usare contro di lui. L’ironia è che Gesù ha già risposto, ma non nel modo che loro volevano. Gesù invita a guardare le sue opere, i segni (miracoli, guarigioni, insegnamenti): esse testimoniano la sua origine divina. Il problema non è la mancanza di prove, ma la chiusura del cuore. Non credono perché non vogliono far parte del suo gregge. Qui Gesù descrive l’intimità tra lui e i suoi discepoli: ascolto, conoscenza reciproca, fiducia. È un’immagine profondamente personale. Egli dona la vita eterna, una promessa che va oltre la morte. L’amore di Dio è invincibile: “nessuno le strapperà dalla mia mano”. Questi due versetti sono tra i più forti in tutto il Vangelo per affermare la divinità di Cristo. Gesù non è semplicemente “vicino” a Dio: è uno con il Padre, nella volontà, nell’azione, nella potenza. È un’affermazione che scandalizzerà molti, ma che diventa centrale nella fede cristiana (don Gian Franco Poli).