giovedì della quarta settimana di pasqua
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13, 16-20).
Il brano si inserisce nel contesto della lavanda dei piedi, gesto compiuto da Gesù durante l’Ultima Cena per insegnare ai discepoli il significato profondo del servizio e dell’umiltà. Dopo aver lavato i piedi ai suoi, Gesù spiega il senso di ciò che ha fatto. Gesù riafferma un principio di fondo: chi segue Cristo è chiamato a condividere il suo stile. Se il Maestro ha scelto la via del servizio umile, anche i discepoli devono fare lo stesso. Il Vangelo ribalta la logica del potere: chi è “in alto” deve scendere, servire, lavare i piedi. Non basta conoscere le parole di Gesù: la vera beatitudine (felicità, pienezza di vita) viene dal vivere ciò che si è compreso. È un invito all’azione concreta: il discepolo non è uno spettatore, ma un partecipante attivo nel cammino del Vangelo. Qui Gesù allude chiaramente al tradimento di Giuda, che ha già deciso di consegnarlo. Anche questo evento, drammatico e doloroso, rientra nel disegno misterioso di Dio. Il riferimento alla Scrittura (Salmo 41,10) mostra che Gesù non è una vittima passiva, ma offre la sua vita consapevolmente, anche di fronte al rifiuto. Gesù estende ai discepoli la sua stessa missione. Accogliere un discepolo significa accogliere Cristo, e accogliere Cristo significa accogliere il Padre (Don Gian Franco Poli).